Chanson d’amour…et d’armes

Il sottotitolo mi aveva già catturato:
leadimage_carouselUna mostra che non vuole raccontare la genesi dell’Orlando Furioso, né soffermarsi troppo sulla figura di Ludovico Ariosto. Una mostra che vuole fare immergere il visitatore in un mondo, quello che ha ispirato la trama così complessa e ricca di suggestioni colorate e concrete.
Il poema di Ariosto riesce infatti a far vivere boschi, vallate, castelli, creature fantastiche, e poi i cavalieri, le donne e le armi. Il tutto è così vivido che, se ci si sofferma a pensare all’ispirazione dell’autore, non si può fare a meno di pensare che fosse un grande viaggiatore, oppure un pittore.

Ariosto ritratto da Tiziano

Ariosto ritratto da Tiziano

Invece è più corretto dire che Ludovico Ariosto fosse un raffinato e preciso ricercatore: di immagini e di emozioni. D’altronde la preparazione classica c’era e il tempo per dedicarvici pure! [vd. Dell’importanza degli studi classici, di prossima pubblicazione…]

Allora raccogliamo il suggerimento dei curatori della mostra, chiudiamo gli occhi ed entriamo nella prima sala!

A quel punto, ovviamente, li dobbiamo subito riaprire.. e ci appare un allestimento che punta sulla penombra, nero alle pareti e luci puntate unicamente sugli oggetti. Alcuni di questi sono inseriti in alte colonne di plexiglass che impariamo essere degli “alberi“: dunque ci aggiriamo in una scura foresta e scopriamo tesori che ci parlano di eroi e di amori.
La guida, gratuita compresa nel biglietto e indispensabile, è Guido Beltramini, uno dei curatori: suo è uno dei racconti-da-mostra più interessanti e non pesanti che mi sia capitato di ascoltare. Una voce vellutata che spiega i reperti in mostra e ci introduce anche in alcune scelte espositive. Davvero uno strumento ottimo, che permette di godere della mostra in una cinquantina di minuti (salvo pause).

L’ingresso nella foresta “incantata” avviene attraverso un labirinto, quello che si dipana nel corso del poema e che impegna in un vivace minuetto i tanti protagonisti delle altrettanto numerose storie. Ma c’è anche un doveroso omaggio all’Orlando Innamorato, il poema di Boiardo, di cui l’Orlando Furioso è il prosieguo ideale.

img_9470La prima sala è, a ben vedere, dedicata a scene di battaglie e a decorazioni ispirate all’amore tra dame e cavalieri. Sull’arazzo proveniente da Londra è ricamata la battaglia di Roncisvalle e nella sala la nostra attenzione è attratta da un corno, un olifante perché in avorio, riccamente istoriato: forse di tratta proprio di quello in cui il prode Orlando ha soffiato il potente richiamo?
Tutto, intorno a noi, sembra parlarci della concitazione della battaglia e, contemporaneamente, del vero e unico pensiero che permette ai cavalieri di sopportare gli orrori della guerra: l’amore per le proprie dame.
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A questo pensa Lancillotto, luccicante nella scena istoriata di un manoscritto;
questo pensiero suggeriscono le figure intagliate in una sella.

 

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Il motivo del labirinto, ma svolto come lo schema di un circuito elettrico, ci accoglie nella sala successiva. Sulla parete è riprodotto infatti il complicato intreccio della trama del poema e il pensiero non può non andare a un’altra opera letteraria, a noi ben più vicina: il Castello dei destini incrociati di Italo Calvino.
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Cambiamo stanza (o voltiamo pagina?) e ci troviamo davanti alcuni tarocchi che ispirarono a Calvino proprio questo gioco letterario: cavalieri e dame, ricchi e poveri, eremiti e sconosciuti viandanti.
Una ispirazione di altro tipo, ben più licenzioso, è racchiusa nel manoscritto che Dante rese celebre: il “galeotto libro” di Lancillotto e Ginevra. … esposto chiuso…forse per timore di corrompere gli animi dei visitatori..?

Entriamo quindi nel vivo del mondo immaginifico che ha ispirato Ariosto, e lo facciamo grazie ad uno stupendo quadro del Mantegna: un’allegoria articolata in cui la protagonista, Minerva, dovrebbe avere le sembianze di Isabella d’Este. La marchesana di Mantova, nata però a Ferrara da Ercole I d’Este, conobbe Ariosto e ne fu una estimatrice in tempi non sospetti (una lettera è presente in mostra a testimonianza del suo favore verso l’opera).

Andrea Mantegna, Minerva che scaccia i Vizi dal giardino delle Virtù (part.), 1497-1502

Andrea Mantegna, Minerva che scaccia i Vizi dal giardino delle Virtù (part.), 1497-1502

Nel quadro, Isabella/Minerva scaccia i vizi dal giardino delle virtù, dove le mefitiche presenze erano riuscite a rovinare la “verzura” e trasformare il luogo idilliaco in una palude.
Il giardino evoca altri luoghi magici dove la natura può incantare e deviare i cavalieri dalla retta via…

Allegorie, rimandi mitologici… un altro intreccio si svolge dinanzi ai nostri occhi: è quello delle corti italiane che riprendono i temi classici e li rivestono con costumi cortesi. Non dimentichiamoci che siamo a Ferrara, la città della Rinascita del Paganesimo antico, come Warburg volle intitolare la sua più brillante scoperta, la lettura iconologica!
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Il ritratto di Ippolito ci guarda, anzi no! ommamma il suo strabismo dissimulato da Raffaello ci mette un poco in imbarazzo. Ippolito detto Il Fedra, perché a lui si deve il recupero di drammi latini celebri, ad esempio la Fedra di Seneca, e l’allestimento di tali opere per il piacere della corte e la fortuna di architetti e pittori.

A questo punto si tratta di perderci nei meandri di miti vecchi e nuovi: due splendidi quadri trasformano la saga di Teseo e quella di Perseo nelle gesta eroiche di cavalieri cinquecenteschi.

http://catalogo.fondazionezeri.unibo.it/scheda.jsp?decorator=layout_resp&apply=true&tipo_scheda=OA&id=36317

Maestro dei Cassoni di Ovidio, Teseo e il Minotauro (part.)

Maestro dei Cassoni di Ovidio, Teseo e il Minotauro (part.)

Maestro dei Cassoni di Ovidio, Teseo e il Minotauro (part.)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piero di Cosimo, Liberazione di Andromeda

Piero di Cosimo, Liberazione di Andromeda (part.)

 

Fino a questo punto abbiamo seguito le orme di zoccoli affondanti nel terreno, abbiamo vagato tra alti fusti di alberi trasparenti, incantandoci dinanzi a gemme incastonate nei tronchi illuminati. Ma Ariosto ci chiede di fare un balzo.. in alto, oltre la sfera terrestre. E di raggiungere il misterioso satellite.
Come potremo mai fare, senza un ippogrifo domato? Ebbene, ecco giungerci in aiuto una sfera in bronzo, che nella penombra della sala ci ricorda la luna e i suoi crateri: in questa sfera, originariamente collocata in cima all’obelisco di Piazza San Pietro e smontata per volere di Sisto V, si pensava fossero raccolte le ceneri di Giulio Cesare. Una suggestione troppo ghiotta per non essere associata alla ricerca del senno degli uomini.img_9496

 

 

Quadri e oggetti sono presentati insieme a preziose testimonianze cartacee: edizioni dell’Orlando Furioso e lettere manoscritte di contemporanei. Come Machiavelli, il cui commento “critico” costituisce una sorta di fascetta ante litteram, da abbinare a questo best seller. Di una sola cosa si lamenta il celebre storico, cioè di non essere stato citato dall’Ariosto!

Dosso Dossi, Melissa, 1518

Dosso Dossi, Melissa, 1518

Un quadro tanto affascinante quanto ricco di riferimenti letterari conclude questa sezione della mostra: si tratta della maga Melissa, circondata dai suoi “clienti”, che aspettano di essere liberati dalle cattive malìe, e ritratta mentre traccia sul terreno un cerchio di fuoco, forse lo stesso che vedremo nelle alte ispirazioni preraffaellite, ispirate ad altre celebri maghe.

F. Sandys, Morgan le Fay, 1864

F. Sandys, Morgan le Fay, 1864

 

 

 

 

Siamo quindi invitati ad uscire e a recarci nelle ultime due sale: dedicate alle edizioni successive e aggiornate dell’opera, che seguono anche gli sviluppi nelle tecniche di guerra e di assedio. L’opera dell’Ariosto entra nella storia delle corti italiane e del mondo occidentale: e mentre il testo si trasforma, così anche l’arte vive il suo momento di geniale evoluzione.
Alla fine della sala e della mostra è di nuovo un libro non di Ariosto a salutarci: si tratta del Don Quixote di Cervantes, aperto alla pagina in cui Ariosto viene citato. Si sottolinea, nel testo spagnolo, il prezioso linguaggio dell’Orlando Furioso, una caratteristica che rende l’opera del ferrarese intraducibile ed eterna.

Fatevi un regalo e incominciate l’anno visitando una mostra che vi catturerà!
Qui le informazioni necessarie, ricordatevi che chiude l’8 gennaio.

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Farsalia – V episodio

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Paul Bril – Landscape with Roman Ruins – 1580

Cinque puntate per un racconto molto breve. Un esperimento, in realtà, ambientato in un anno importante per la Repubblica romana, per l’Impero romano e per la colonia di Florentia.
Siamo nel 27 a.C. e il veterano Settimio si trova a fare i conti con la propria vita, con le proprie disillusioni e con i sogni di gloria del figlio.
Qualcuno potrebbe vedervi un riferimento alla situazione politica italiana attuale, e magari vedere nell’Ottaviano che diviene Augusto un pallido ritratto del “non-giovane” che ci fa da Presidente del Consiglio.
Beh, quel qualcuno non sbaglierebbe…

Siamo giunti all’epilogo: ecco i link alle puntate precedenti.
Puntata UNO
Puntata DUE
Puntata TRE
Puntata QUATTRO

Farsàlia

Casa del Triclinio, Pompei.

Casa del Triclinio, Pompei.

All’arrivo di Facundo, Glauco diede il segnale alla cucina e le prime portate cominciarono ad arrivare in tavola. Settimio e Lucio sedevano insieme, mentre a Cieco e Facundo era stato lasciato un altro letto; Marco e Settimia sedevano poco distanti e Roscio si era accomodato sul terzo triclinio. Settimio aveva deciso fin da subito che Roscio avrebbe partecipato ai banchetti organizzati nella casa: la sua compagnia gli piaceva e, almeno a casa sua, non voleva che si riproponessero le sciocche suddivisioni sociali che animavano le discussioni nelle sale termali.

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Roma, il Pantheon

I due amici di Settimio chiesero a Lucio notizie dalla Città, sembravano avidi di sapere come procedevano i lavori per il grandioso tempio voluto da Agrippa poco distante dall’antica area sacra e anche quello di Apollo sul Palatino li incuriosiva non poco, soprattutto le decorazioni scelte da Ottaviano, con quel volto caricaturale della Gorgone che, a detta di molti, somigliava tremendamente a Cleopatra, la Signora d’Egitto.

Lastra dal tempio di Apollo sul Palatino. Perseo consegna la testa di Medusa ad Atena.

Lastra dal tempio di Apollo sul Palatino. Perseo consegna la testa di Medusa ad Atena.

Ma il vero argomento della serata riguardava Ottaviano. Era stato proclamato Augusto: «Ma quindi, aspetta, significa che dovremo venerare anche lui ora, come se ci mancassero dèi da queste parti..?» Roscio andava subito al sodo. «No, Roscio, in realtà il nome di Augusto non è una novità, mi sembra di ricordare che già ai tempi della guerra con Annibale, Scipione era stato salutato così dai suoi.»
«Ma figurati! La cosa è completamente diversa, qui si sta parlando di un titolo onorifico, però è importante perché il Senato, dopo gli ultimi anni, non credo si arrischierebbe a dare di nuovo fiducia a qualcuno…».
«Anche Ottaviano era sorpreso quando glielo hanno comunicato. Si dice che abbia subito scritto una lettera per rifiutarlo, ma i suoi centurioni lo hanno fermato e gli hanno spiegato che non poteva opporsi, era il volere del popolo».
A questo punto entrò Aulo Ofisio e, dopo aver salutato i presenti e dato una carezza a Settimia, si accomodò accanto a Roscio. «Lucio, di cosa stavi parlando? Mi è sembrato di sentire parlare di qualcosa che ha a che fare con il volere del popolo, niente di serio spero».
Roscio sogghignò, gli piaceva il vecchio Ofisio, nonostante le origini tanto diverse i due si intendevano bene, soprattutto quando parlavano di politica. «Stavo dicendo che il Senato ha conferito a Ottaviano il titolo di Augusto, gli hanno rinnovato l’imperium e molto probabilmente gli rinnoveranno anche il consolato quest’anno». Il volto dell’anziano magistrato divenne improvvisamente serio «Ah, interessante». Settimio notò il tono della voce leggermente cambiato e osservò il suocero. «Non sei contento?» – Lucio sperava di trovare nel nonno un alleato –  «Finalmente un gesto chiaro dei senatori, io penso che ora Ottaviano avrà la possibilità di fare davvero quel che ha sempre avuto in mente.»
«E sarebbe?»

Mosaico da Villa Adriana Conservato ai Musei Capitolini, Roma

Mosaico da Villa Adriana
Conservato ai Musei Capitolini, Roma

«Ora che Antonio non c’è più, che le province più difficili sono state ridotte al silenzio e che l’appoggio del Senato è scoperto, probabilmente non ci sarà più necessità di continuare a rintuzzare rivolte e sommosse, ma a tutti sarà chiaro che Ottaviano è l’unico in grado di mantenere la pace a Roma
«A te è chiaro?»
Lucio iniziava capire che in quella stanza era forse l’unico contento della decisione del Senato; a un certo punto si sentì stanco, stanco di doversi sempre scontrare con persone più vecchie e chiuse, poco inclini alla speranza e a dare fiducia ai più giovani. «Guarda, quello che mi è chiaro è che Ottaviano sta facendo tutto ciò che è in suo potere per dare un po’ di stabilità e di pace ai Romani, eppure c’è ancora chi non si fida di lui… e questo, ti assicuro, non riesco proprio a capirlo». Finì con un sorso il vino nella coppa e la porse al giovane schiavo perché la riempisse nuovamente.
«Caro nipote» cominciò allora Ofisio con un sorriso «mi fa piacere vederti così sicuro del tuo Ottaviano, io, per parte mia, sapevo della decisione del Senato già da un mese almeno. Da tempo a Roma stanno cercando di capire cosa fare con questo personaggio e forse ora hanno trovato la strada giusta. Ma quel che vuole Ottaviano, credimi, è ben difficile da decifrare. In ogni caso credo che tu abbia ragione: la sua figura è l’unica che possa portare un po’ di requie alla nostra repubblica.»

Dalla Tomba dei Dipinti http://archeoroma.beniculturali.it/musei/museo-nazionale-romano/terme-diocleziano/aula-decima/tomba-dei-dipinti

Dalla Tomba dei Dipinti
Conservato al Museo delle Terme di Diocleziano Roma

 

«Io so solo che dopo Azio la mia famiglia è riuscita a riprendere in mano gli affari e oggi le nostre navi solcano il mare orientale senza timori», Facundo era stato sempre molto attento al proprio tornaconto e non aveva mai pensato di poter far carriera militare, ma si era sempre lasciato aperta la possibilità di unirsi ai fratelli nella gestione dell’azienda di famiglia.
«Vuoi dire che tornerai a casa con noi, Lucio?» Marco andava sempre al sodo.
«Non so ancora quando, Marco, ma puoi star certo che i giorni della guerra stanno giungendo al termine».
«Spero che gli dèi ti ascoltino, ultimamente si sono accaniti su Roma…», Cieco era propenso alla riflessione amara, soprattutto da quando il fratello lo aveva riempito di debiti di gioco: «D’altro canto, come si dice? Ognuno è artefice della propria fortuna, dobbiamo rimboccarci le maniche e lavorare per non ricadere negli stessi errori e ritrovarci a combattere i nostri stessi fratelli».
«Hai ragione, Cieco, non possiamo pensare che un uomo da solo riesca a cambiare le cose, ma certo se non fosse per lui staremmo ancora a batterci fra noi. Ora Ottaviano è Augusto, prediletto dagli dèi, sono sicuro che sapranno guidarlo nelle scelte, come hanno fatto fino a qua», Lucio non voleva lasciarsi abbattere dal gruppetto di nostalgici disfattisti.
«La fortuna aiuta chi osa, no? Oppure aiuta i prepotenti… non ricordo bene» la voce

https://studiahumanitatispaideia.wordpress.com/2013/04/28/il-culto-di-tyche/

Affresco raffigurante la dea Tyche Da Sussita, III-IV sec. d.C.

di Roscio interruppe l’idillio, e la sua risata quasi isterica intendeva dire che tutti quei complimenti al Becchino, come aveva ribattezzato Ottaviano, gli stavano dando il voltastomaco.
Settimio li stava ascoltando e nessuno sembrava richiedere un suo intervento, ma a quel punto si fece sentire: «Io penso proprio che la fortuna, qui, non c’entri assolutamente nulla». Lucio sobbalzò, si era quasi dimenticato del padre accanto a lui. «Certo, hai ragione papà. Non è fortuna, ma l’abilità di Ottaviano che ha combattuto e si è costruito un esercito fedele e forte. La fortuna casomai è la nostra, che abbiamo avuto in sorte di ricevere i benefici di questa sua abilità».
«Non intendevo dire questo». Cieco e Facondo avevano già riconosciuto il tono e lo sguardo, entrava in scena il Filosofo. «Aulo, ricordi quando Cesare cominciò a vincere, in Gallia?»
«Certo, Settimio, a Roma non si parlava d’altro e io stesso mi ero recato da Cesare per vedere con i miei occhi le condizioni in cui si muoveva e verificare che le notizie che faceva arrivare in città fossero effettivamente vere.»
«Bene, allora ti ricorderai anche quello che si diceva a Roma riguardo alle sue continue vittorie. Si diceva che quell’uomo doveva venire a vincere un po’ anche in Italia, vincere la crisi economica che lasciava sul lastrico tanti commercianti, si intende».
«Sì, hai ragione, c’era perfino un detto: è venuto, ha visto, ha pagato».
«Lo ricordo bene anche io. Ebbene, si sono mai chiesti i Romani a prezzo di quali sacrifici venivano fatte quelle elargizioni, o vinte quelle battaglie, e cosa passava per la testa di Cesare, la sera, quando si ritirava nella sua tenda? Ecco, io sì, io mi sono fatto queste domande, anche perché io ero lì e assistevo ai suoi momenti di rabbia, ai suoi silenzi carichi di significato, alla sua gioia contenuta. Tutto in lui era misurato, perfino lo starnuto. Tutto era calcolato. A quell’epoca io non me ne rendevo conto, ma col tempo tutto è divenuto più chiaro. Poi c’è stato Antonio, ti ricordi Facondo quante risate ci siamo fatti con lui?».
«A essere sincero, Settimio, non ricordo di aver mai riso tanto con Antonio, né di aver passato del tempo al di fuori delle esercitazioni o degli scontri sul campo.»
«Esatto!». Settimio batté la mano sulla coscia e fece un sorriso compiaciuto, un atteggiamento curioso per lui, Roscio strabuzzò gli occhi e cercò di guardare quanto vino aveva ancora nella coppa. «Hai proprio ragione, noi non siamo mai stati compagni di Antonio per una bevuta, non lo abbiamo mai coinvolto in qualche fuga notturna, mai visto ubriaco una volta! Eppure, con il corpo di Cesare ancora caldo, Antonio si è rivelato al mondo intero per un essere arrogante, prevaricatore, spregiudicato. Ormai è noto come l’amante della Signora d’Egitto, il traditore, colui il quale stava svendendo Roma alla sua puttana! Cosa vi suggerisce tutto ciò? Forse che Antonio stava recitando una parte quando era nostro commilitone e che, non appena ha capito di avere più autonomia di movimento, ha finalmente gettato la maschera e si è rivelato per quello che era.?

https://it.wikipedia.org/wiki/File:MAN_mosaici_da_Pompei_attori_1040619.JPG

Mosaico con attori, da Pompei Conservato al MANN

Non vi rendete conto che siamo in balia di provetti attori? Ognuno di loro ha un brogliaccio a cui attenersi, sono anche grandi improvvisatori, infatti. Seguono la loro parte fintanto che è utile alla scalata, al successo. Una volta ottenuto ciò che vogliono, possono finalmente liberarsi della maschera ed esprimersi liberamente.
E ora arriva Ottaviano, anzi, scusate, l’Augusto! Innanzitutto, mi potete spiegare da dove viene questo titolo? È la prima volta che lo sento».
«È presto detto, si tratta di un riferimento a Romolo. I Senatori avevano pensato di chiamarlo nuovo Romolo, ma Ottaviano ha rifiutato, dicono che non lo ritenesse opportuno», Ofilio era ben informato di questi aspetti, che sembravano formali ma che in realtà impegnavano i più esperti legislatori anche fino a notte fonda. «Allora Munazio Planco ha avuto l’idea e ha deciso di proporgli il titolo di Augusto, degno di rispetto e di venerazione: se Romolo ha fondato Roma sulla base del sacro auspicio tratto dal volo degli uccelli, Ottaviano viene riconosciuto come nuovo fondatore di Roma».
«Va bene, quindi si tratta di un’ennesima rinuncia di Ottaviano che si conclude con un onore più alto di quello cui ha rinunciato. O sbaglio? Avevo capito, Cieco correggimi se sbaglio ma ne parlavate proprio tu e Torquens la scorsa settimana, che Ottaviano meno di un mese fa aveva deciso di ritirarsi a vita privata. E ora ce lo ritroviamo addirittura Venerabile, nuovo Romolo
I commensali avevano ormai smesso di sorseggiare il vino.
«Ebbene, non so come facciate ancora a parlarne stando seri, ma questa per me è davvero una situazione ridicola. E devo dire che comincio a esserne stufo. Prima Cesare, con i suoi discorsi di grandezza, di terre e soldi da distribuire a tutti indistintamente – eppure sappiamo bene quanti debiti stesse accumulando mentre diceva tutte quelle falsità, e cosa gli interessasse veramente: il potere massimo per sé e la sua famiglia. Poi Antonio, che lo vuole vendicare… e dalla sera alla mattina diventa coraggioso, invincibile, risoluto, salvo poi intestare l’intero patrimonio di Roma alla moglie e ai figli! Quindi Ottaviano, che per tutti è solo un ragazzo – eppure quel ragazzo era già dentro l’alta politica dei pontefici mentre noi ancora non sapevamo dove seppellire Cesare! E oggi mi si viene a dire che è l’unico che può salvare Roma.
Io so che la terra che oggi coltivo me la sono guadagnata con il sudore e con il sangue. Che non sono state le promesse a farmi andare avanti, ma la certezza che quello che facevo lo facevo per la mia famiglia, per potermi alzare ogni mattina ed essere fiero di me, perché i miei figli potessero dire che il loro padre era una persona coerente. La fortuna poteva aiutarmi, oppure ignorarmi, non mi interessava: la mia vita non è mai stata in balia del volo di qualche uccello migratore.

Romolo e Remo osservano il volo degli uccelli. [fonte Wikipedia: ornitomanzia]

Romolo e Remo osservano il volo degli uccelli.
[fonte Wikipedia: ornitomanzia]

Ma ho smesso di farmi prendere in giro. Ho smesso di lasciare che qualcun altro mi indicasse quel che dovevo pensare o chi dovevo essere. Anche il mio nome lo scelgo io: Severo era un termine che non mi apparteneva, perché me lo avevano dato persone che non mi conoscevano, perché non avevano intenzione di conoscermi. Filosofo, per lo meno, lo avete scelto voi, miei amici, che conoscete la mia storia e, nonostante tutto, mi circondate di affetto. Ecco, questo è ciò che conta per me. Una vita degna di essere vissuta e persone che amo e da cui sono accolto per quel che sono. Per questo, chiedetemi pure di appoggiare il male minore, ma non ditemi di credere in lui».

L’atmosfera si era fatta improvvisamente cupa e pesante. I convitati erano talmente presi dai loro discorsi che non si accorsero di Settimia: la ragazzina aveva preso un pezzo di carbone dal focolare e, annoiata dai discorsi dei grandi, aveva cominciato a scarabocchiare a terra.

Ne era venuto fuori una sorta di ritratto grottesco della scena,theatre-mask-of-a-satyr-pompeii-vi-insula-occidentalis-1399042103_org con gli ospiti sdraiati sui letti triclinari. Su tutti spiccava un volto dagli occhi spiritati e l’ispida e folta barba, la bocca aperta sembrava una maschera teatrale: nelle intenzioni di Settimia si trattava di suo padre, ritratto nel momento più accalorato del suo discorso. Nel silenzio che era calato dopo le ultime parole di Settimio, Marco proruppe in una risata e indicò l’opera della sorella: «Guarda papà, Settimia pensa di essere a teatro!».
«Giusto», chiosò Roscio, «questi vecchi sono i ridicoli personaggi dello spettacolo comico più antico del mondo».

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Farsalia – IV episodio

Cinque puntate per un racconto molto breve. Un esperimento, in realtà, ambientato in un paul_bril_-_landscape_with_roman_ruins_-_wga03189anno importante per la Repubblica romana, per l’Impero romano e per la colonia di Florentia.
Siamo nel 27 a.C. e il veterano Settimio si trova a fare i conti con la propria vita, con le proprie disillusioni e con i sogni di gloria del figlio.
Qualcuno potrebbe vedervi un riferimento alla situazione politica italiana attuale, e magari vedere nell’Ottaviano che diviene Augusto un pallido ritratto del “non-giovane” che ci fa da Presidente del Consiglio.
Beh, quel qualcuno non sbaglierebbe…

Qui il primo episodio
Qui il secondo
Qui il terzo

Farsàlia

Settimio era sicuro di averla lasciata in uno degli stipi in noce dello studio, dopo più di un’ora riuscì a trovarla: la lettera di Cieco, arrivata all’indomani della battaglia.lettere2

http://milioniplastici.altervista.org/battaglia-di-azio/

http://milioniplastici.altervista.org/battaglia-di-azio/

 

L’amico aveva assistito alle varie fasi dell’attacco di Agrippa e aveva visto Lucio lanciarsi temerario tra i nemici: le parole di elogio lasciavano trasparire la forte emozione. L’ultima parte era però la più significativa: “Settimio, credimi, se fossi stato con me avresti avvertito anche tu un’atmosfera particolare, quella della fine di un’epoca. Ti ricordi cosa abbiamo provato alla morte di Cesare? Ecco, ti assicuro che, nonostante la vittoria, lo stesso sgomento mi ha assalito, tutto d’un tratto, mentre Lucio e i compagni urlavano di gioia e Ottaviano si complimentava con Agrippa. Ora torneremo a Roma, ma troveremo una città già cambiata.”
Settimio aveva tenuto la lettera gelosamente, perché era importante che certe parole non andassero perdute. Le lettere di Cieco erano rimaste l’unico modo di restare in contatto con i vecchi amici: la ferita alla gamba lo aveva lasciato zoppo, non avrebbe perciò potuto riprendere a combattere, nemmeno se avesse voluto. E in fondo lui non voleva, stava bene con Annia e i ragazzi. Lucio doveva farsi le ossa, il suo entusiasmo era a tratti contagioso, ma certo le campagne lontane e i continui scontri tenevano Settimio e Annia sulle spine.
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La morte di Cesare, ricordava Cieco nella lettera; certo, come fare a dimenticare i sentimenti contrastanti e il senso di precarietà che aveva fatto crollare la terra sotto i piedi a chiunque, dal più insignificante legionario agli ufficiali della stretta cerchia cesariana. Settimio si era ritrovato a Roma, nel servizio d’ordine richiesto da Antonio durante il suo discorso. Era stata un’occasione interessante per capire finalmente da che parte stavano i tanti, senatori, tribuni, che avevano fatto la fila di fronte alla casa di Cesare, quando era in vita e potente, oppure si erano arrischiati a raggiungerlo sul campo di battaglia, pur di perorare la loro causa.
Cicerone in persona si era sperticato in lodi del defunto, lui che era stato da sempre un suo avversario, salvo poi chiedergli un’intercessione per rientrare dall’esilio. Era sempre la stessa scena, Settimio ormai lo aveva capito: non esisteva un partito migliore, né una convinzione maggiore. Le persone avrebbero cambiato insegna fino a quando le circostanze lo avrebbero richiesto, la coerenza era morta, defunta, probabilmente già ai tempi di Romolo. Le donne che piangevano, e i sicofanti che si sgolavano, pro o contro Antonio, pro o contro Bruto. Sembrava di assistere a uno spettacolo gladiatorio e invece erano i funerali di uno dei più abili condottieri che Roma avesse mai conosciuto.

Scontri ai funerali di Cesare Stampa di C. Vottrier 1882

Scontri ai funerali di Cesare
Stampa di C. Vottrier 1882

Settimio si era scoperto a scrutare Antonio: poteva mai essere in grado di prendere il posto di Cesare nei cuori delle persone? E poi c’era il giovane Ottaviano, con una carriera fulminante preparata appositamente per lui da Cesare stesso.
A Settimio piaceva, gli sembrava un ragazzo in gamba e sincero nel suo preoccuparsi di fare la cosa più giusta. Antonio invece non riusciva a piacergli, perché aveva l’aria di uno a cui tutto è dovuto e perché era chiaro che fosse geloso di Cesare.
Perfino dopo uno scontro vittorioso Antonio non riusciva ad abbandonarsi alla piacevolezza di una serata rilassata, si vedeva che guardava Cesare in tralice e ogni sorriso era sforzato. Il discorso pronunciato di fronte al cadavere straziato di Cesare era stato davvero penoso per Settimio, proprio perché sapeva che erano tutte parole costruite, finte. La decisione del triumvirato gli era sembrata la più logica, ma gli eventi che erano seguiti lo avevano gettato nella confusione più profonda: Antonio che prende delle decisioni? Antonio che si contrappone al Senato? Antonio che si inimica l’intero popolo romano? Uno spirito d’iniziativa di cui Settimio non riusciva a capire l’origine. Inizialmente si era risposto che forse aveva sottovalutato il personaggio o forse che proprio la morte di Cesare gli aveva lasciato quella libertà d’azione che prima non riusciva a guadagnarsi.

i169Dall’altra parte c’era Ottaviano, con l’audacia propria degli anni giovani. Lucio si era trovato subito in sintonia con lo spirito del suo comandante e a Settimio era sembrato di rivedere lui con Cesare. Eppure c’era qualcosa di diverso…

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Farsalia – III episodio

Cinque puntate per un racconto molto breve. Un esperimento, in realtà, ambientato in un anno importante per la Repubblica romana, per l’Impero romano e per la colonia di Florentia.
Siamo nel 27 a.C. e il veterano Settimio si trova a fare i conti con la propria vita, con le proprie disillusioni e con i sogni di gloria del figlio.
Qualcuno potrebbe vedervi un riferimento alla situazione politica italiana attuale, e magari vedere nell’Ottaviano che diviene Augusto un pallido ritratto del “non-giovane” che ci fa da Presidente del Consiglio.
Beh, quel qualcuno non sbaglierebbe…

Qui la prima puntata e Qui la seconda

 

Farsàlia

Settimia e Marco furono contenti di rivedere il fratello maggiore e subito si allontanarono con lui dalla casa per raggiungere la collinetta dove fin da bambini amavano rifugiarsi, lontano dagli adulti.
Lucio era estremamente affettuoso con loro e aveva saputo gestire al meglio il momento di crisi dopo la morte della madre, ma la guerra lo teneva spesso lontano da casa e la lontananza cominciava a pesargli.
Era anche di questo che era venuto a parlare a suo padre, bastava trovare il momento più opportuno, introdursi nei pensieri del Filosofo e farsi un po’ di spazio.
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Nel pomeriggio era prevista la visita al piccolo cantiere che, nella zona occidentale della tenuta, era stato approntato per ampliare le stanze della servitù e i locali destinati alla spremitura delle olive.

Da Pompei, pressa per l'olio.

Da Pompei, pressa per l’olio.

L’idea di Glauco era quella di cominciare a far fruttare a pieno regime le piante che si estendevano per gran parte dell’appezzamento, ma ciò comportava un ammodernamento delle strutture. Settimio si era lasciato convincere, in fondo il piccolo greco veniva da una zona rinomata per le olive e il padre era stato un apprezzato commerciante e produttore di olio.
Il momento sembrava propizio e Lucio cominciò a parlare al padre: «L’atmosfera è molto particolare a Roma. Non si fa altro che parlare di Ottaviano e del suo progetto…»
«Quale progetto
«Beh, è chiaro che la sconfitta di Antonio non è stato che il primo passo per una conquista più grande.»
«Non mi dirai che vuole tornare in Egitto? Mi sembra che già Antonio ne abbia fatti di danni…con la Signora

Richard Burton e Liz Taylor, rispettivamente Marco Antonio e Cleopatra.«No, no, ma quale Egitto? Ottaviano sta muovendo bene le sue pedine e la nomina di ieri è la prova che il Senato lo sta assecondando. Sembra che il consolato gli sarà garantito anche quest’anno.»

«Ah, ecco».
Lucio capì che il padre si era già stancato di ascoltarlo, ma non demorse e tornò alla carica. «Padre, ti rendi conto che se abbiamo questo pezzo di terra lo dobbiamo a lui? Forse potremmo cercare di dimostrargli un po’ di gratitudine.»
«Certo, certo… e come, se posso chiedere?»
Quando prendeva quel tono sostenuto Lucio non lo sopportava, anche in questo era molto simile alla madre: «Beh, per esempio evitando di maltrattare gli amici che decidono di passare qui qualche giorno. Il vecchio Torquens è venuto a trovarmi quando ero ancora a letto con la gamba fuori uso, mi ha detto che era preoccupato per te e per le condizioni della proprietà. Ha parlato di stanze umide e fredde, di pasti frugali…»
almatadema-particolare-statua-di-diana«Quel che dice Torquens non mi interessa. Gli abbiamo perfino servito la scrofa di Roscio, per Diana

«Sì, lo so, ma so anche che le stanze non sono umide e fredde, chissà dove lo hai fatto dormire. Devi metterti in testa che devi essere più presente, devi venire a Roma a trovarmi più spesso, devi farti vedere da Ottaviano e magari organizzare qualche cena quando viene in visita a Florentia, lui o qualcuno dei suoi».
Settimio lo guardava, non aveva voglia di litigare, era contento di rivederlo guarito, ma lo stava scocciando con i suoi rimproveri. «Io ho capito che tu non hai più voglia di frequentare certa gente, ma quella gente oggi sta preparandosi a governare Roma e tu devi comunque pensare ai tuoi tre figli. A Settimia, soprattutto. Questo posto è una grande fortuna, siamo alle porte di una città in crescita, ci sono molte possibilità, ma tu rischi di farlo diventare la tua tomba!». Lucio non voleva alzare la voce, ma l’atteggiamento del padre era esasperante, perciò l’ultima frase gli era uscita un po’ strozzata, Glauco si era voltato, benché distante, e in un lampo aveva intuito cosa stava accadendo tra padre e figlio. «Settimio, il capo cantiere vorrebbe mostrarti alcuni disegni, serve la tua approvazione per continuare». L’intervento di Glauco doveva servire a calmare gli animi, ma Lucio sbuffò e si incamminò verso casa a passo spedito.

Paesaggio idilliaco da Ercolano (affresco). Museo Archeologico Nazionale di Napoli,  Lauros / Giraudon out of copyright

Paesaggio idilliaco da Ercolano (affresco).
Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Lauros / Giraudon – out of copyright

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