Oltre lo specchio: Fornasetti e Altemps

Alice mi ha sempre messo a disagio.
Fornasetti disegna per me (perché io mi sento al centro di un allestimento che si crea attorno a me) un percorso nell’insolito e nell’inverosimile.
Ormai cerco le sue parole, come un bianconiglio e un cappellaio matto e un brucaliffo che mi devono indicare dove andare e perché e cosa cercare.
Guardo speranzosa le pareti, in cerca di pannelli gialli.

 

 

Perfino le statue, quei capolavori che ho imparato ad amare (e odiare) nei manuali di storia dell’arte antica, non riescono ad appassionarmi come un tempo. Prima me ne deve palare Fornasetti.

Ma lui non lo fa, Fornasetti non mi parla dell’antico, mi parla – piuttosto – dei miei sogni.
E mi dice che li posso trovare

Se cerco bene.

Andate a visitare la mostra di Fornasetti a Palazzo Altemps e preparatevi a un percorso nella meraviglia: in mancanza di indicazioni chiare sull’orientamento del percorso espositivo, vedrete i pannelli gialli occhieggiare dalle sale e saprete dove indirizzarvi. Sui pannelli sono riportati aforismi di Fornasetti (padre e figlio) e di amici e colleghi (tutti con pedigree…!).

 

 

 

Il dialogo tra antico e moderno continua nel teatro del Palazzo, dove, in mezzo a elementi della mise-en-scène, un video racconta l’allestimento del Don Giovanni, con scenografie di Fornasetti e costumi di Romeo Gigli.
Infine, dopo innumerevoli richiami e spunti, si entra nelle sale interamente dedicate al mondo di Fornasetti e a quel punto ci lasciamo avvolgere dall’intuizione e dalla sensibilità.

Andate a visitare la mostra Fornasetti a Palazzo Altemps, fatevi questo regalo.

Qui le info: Citazioni Pratiche. Fornasetti a Palazzo Altemps

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Il drago dell’Epifania

Edward Burne-Jones (1888-1894):
Adorazione dei Magi, arazzo.

Quella che voglio raccontare è una favola da leggere nel giorno dell’Epifania.
In fondo, questo Magio al centro dell’arazzo di Burne-Jones, non sembra un po’ un cavaliere, prestato al Presepe solo il tempo necessario di riprendere fiato, ma già con il pensiero al suo prossimo drago?
Quest’anno ho deciso di cercare draghi, di ogni forma, colore e origine; ma cosa sarà poi un drago? Come lo riconoscerò?
La domanda non è peregrina, perché la definizione di drago non è così chiara: per il momento mi accontenterò di cercare una creatura gigantesca, dal lungo corpo serpentiforme, grosse ali da pipistrello, quattro zampe tozze (quelle anteriori piccole come quelle di un T-Rex) e una serie di scaglie e corni sulla testa e sul collo. Dalla bocca dovrà sputare fuoco, mentre gli occhi me li immagino di un colore ambrato, allungati (amigdaloidi sarebbe perfetto! Ma si tratta di una mania da storica dell’arte antica) e dalla pupilla sottile, una fessura come gli occhi felini, che si allarga man mano che la luce diventa fioca.

Quale drago potrei mai incontrare la notte dell’Epifania?
Ebbene, io uno l’ho trovato, ha un nome greco-romano e si chiama: Chrysophylax Dives, ovvero “Guarda-oro il Ricco“.
Si tratta di un drago famoso, perché è il protagonista di una storia di J.R.R. Tolkien, il “padre” del Signore degli Anelli e dello Hobbit. Tolkien ha immaginato un mondo antico con una Terra di Mezzo che resta quasi incastonata nei diversi livelli della nostra fantasia.
Quel che ho sempre amato in Tolkien è la grande capacità di scendere nel profondo delle tradizioni e credenze e mitologie celtiche (ma non solo) e trarne, con abilità da antropologo e storico, un mondo in cui si riconoscono i temi portanti dell’eroe, del re guaritore, della lotta contro il male, della magia di Frazer ecc.ecc.
Ebbene, nel 1949 Tolkien – che era all’epoca professore di lingua e letteratura inglese a Oxford – pubblica il racconto “The farmer Giles of Ham“, Giles fattore di Ham, noto in italiano anche come “Il cacciatore di draghi“.

Il racconto è ambientato nella Britannia di fine impero romano: i nomi dei protagonisti vengono dati in latino e poi tradotti nella “lingua volgare”, così Giles, in realtà, si chiama Ægidius Ahenobarbus (dalla barba color bronzo) Julius Agricola de Hammo. Il re del Regno di Mezzo è

Augustus Bonifacius Ambrosius Aurelianus Antontus Pius et Magnificus, dux, rex, tyrannus, et basileus Mediterranearum Partium

proprio una titolatura degna di un Imperatore romano.
Il cane di Giles si chiama Garm, nome che ricorda un personaggio della mitologia nordica.
Infine, la spada che balza fuori dalla guaina non appena avverte la presenza di un drago si chiama Caudimordax, che Tolkien traduce in Tailbiter, cioè Mordicoda.

Tolkien pensò proprio a Wilkinson mentre immaginava Caudimordax

Insomma, un’invenzione ricca di riferimenti letterari, che ci porta in quell’epoca di passaggio dalla gloria romana alla nascita di nazioni forse barbare, di certo ribelli proprio a quella gloria.

Alma Tadema: Adriano in visita nel negozio di un ceramista romano-britanno (1884)

Non vi voglio rovinare il gusto di leggervi il racconto, che è molto ironico e surreale e che vede Giles diventare eroe quasi senza volerlo. La furbizia è la chiave e, si sa, i draghi sono molto furbi. Amano contrattare più di quanto non amino bruciare e distruggere!
Quindi, cercate e godetevi Il cacciatore di draghi nella versione italiana.
Oppure leggete quella inglese a questo link: The farmer Giles of Ham

Noi però continuiamo la nostra notte alla ricerca di draghi. Dicevamo che Chrysophylax Dives si imbatte in Giles e nel villaggio di Ham proprio nel giorno dell’Epifania. Per gli anglosassoni, la notte tra il 5 e il 6 gennaio è la Dodicesima Notte, a partire dal Natale, e segna la fine delle feste natalizie. Una notte speciale, dunque.

Durante quella notte, gli abitanti di Ham confezionano per Giles un’armatura artigianale, fatta di anelli di ferro cuciti su un panciotto in cuoio, e di un elmo in metallo e uno scudo di legno. L’arma, lo abbiamo detto, è la celebre Caudimordax, una spada capace di combattere da sola contro un drago!
Proprio il nome della spada mi porta a parlare di una prelibatezza che, nel Regno di Mezzo, veniva consumata a Natale: la coda di drago. All’epoca di Giles e Chrysophylax ormai non si cacciano più i draghi per le loro code e i cuochi hanno elaborato una ricetta alternativa: una torta fatta di pasta di mandorla e zucchero, e sagomata come una coda di drago.
Recentemente mi sono imbattuta in un libro di ricette… di draghi! “Cucinare draghi” di Marco Caldarola.
Prendiamo quella di una

Coda di Viverna alla brace
con salsa di prugne e cavolo cappuccio in agrodolce

(leggetela dalla pagina in alto a sinistra in senso orario)

Bene, direi che ci siamo: abbiamo un (anti)eroe, un drago furbo, una corte affamata, una coda cucinata.
Mancherebbe il tesoro che – si sa- il drago custodisce gelosamente!
Possiamo lasciarci ispirare dal drago Smaug, sempre tolkeniano, oppure risalire indietro nel tempo e arrivare al drago che custodisce le mele delle Esperidi, secondo alcuni delle mele d’oro.

Il nome Chrysophylax serve proprio a dare l’immagine di un grosso serpente alato (nel testo inglese viene spesso chiamato, in modo spregiativo, Worm, un verme volante) che fa la guardia al proprio oro.

disegno di dieroteiris https://img00.deviantart.net/9aba/i/2014/348/8/2/farmer_giles_of_ham_ii_by_dieroteiris-d89sqep.jpg

Mentre milioni di nasi saranno puntati verso l’alto a scrutare l’arrivo di una vecchia sulla scopa, noi addentriamoci nella brughiera inglese e raggiungiamo le montagne oscure; guardiamo verso la cima di quelle più aspre e aspettiamo di cogliere il bagliore di fiamme: sono i giovani draghi impegnati in qualche scaramuccia. Evitiamo le loro fauci e troviamo una grotta, profonda. Laggiù scorgeremo il tesoro che ci aspetta, ora non ci resta che contrattare con il suo legittimo proprietario!

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Inseguire gli unicorni

Arazzo da Cluny (XV secolo)

Esiste un’espressione inglese: “Chasing Unicorns“, che letteralmente si traduce “inseguire unicorni”, ma il cui significato fuor di metafora rimanda a una condizione fanciullesca, al non voler crescere.

Dunque, quale argomento migliore da proporre il giorno di Natale?
Per chi ha bambini e si riempie l’immaginazione solo guardando le loro facce estasiate, colorate dalle luci accese dell’albero sotto il quale stanno scartando pacchi e pacchetti.
Per chi non ha bambini, ma è comunque affascinato dall’atmosfera di sorpresa e colore che si diffonde a Natale.

Questo brano è tratto da “Storia delle terre e dei luoghi leggendari“, a cura di Umberto Eco e pubblicato da Bompiani nel 2013.

Con Marco Polo si manifesta una sorta di tensione tra quello che la tradizione gli suggeriva di vedere e quello che realmente vede. Tipico il caso degli unicorni, che gli appaiono a Giava.

Mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto (XII secolo)

Ora, che gli unicorni ci siano, un uomo del Medioevo non lo metteva in discussione – e ancora nel 1567 il viaggiatore elisabettiano Edward Webbe ne vede tre, nel serraglio del Sultano, in India, e addirittura all’Escorial di Madrid, mentre il missionario gesuita Lobo nel Seicento ne vede in Abissinia, e un altro unicorno vede John Bell nel 1713. Polo sapeva che secondo la leggenda l’unicorno è una bestia, ovviamente con un lungo corno sulla fronte, bianca e gentile, e che è attratto dalle vergini.

Oxford, Bodley MS 602

E infatti per catturarlo si diceva che occorresse porre una fanciulla illibata sotto un albero, e l’animale sarebbe andato a porle il capo in grembo, così che i cacciatori potessero prenderlo.

Come aveva scritto Brunetto Latini: “Quando l’unicorno vede la fanciulla, la sua natura gli dae che, incontamente ch’egli la vede, si ne va da lei e pone giuso tutta la sua fierezza”.

Da un MS del Livre du Trésor di Brunetto Latini (1450-1480)

Poteva Marco Polo non cercare unicorni? Li cerca, e li trova, perché è indotto a guardare alle cose con gli occhi della tradizione. Ma una volta che ha guardato, e visto, in base alla cultura passata, ecco che si mette a riflettere da testimone veritiero, che sa criticare gli stereotipi dell’esotismo. Infatti ammette che gli unicorni che lui vede sono un poco diversi da quei caprioli graziosi e bianchi, col cornetto a spirale, che appaiono sullo stemma della corona inglese. Quelli che lui aveva visto erano dei rinoceronti, e così confessa che gli unicorni hanno “pelo di bufali e piedi come leonfanti”, il loro corno è nero e grosso, la lingua è spinosa, la testa sembra quella di un cinghiale e, in definitiva, “ella è molto laida bestia a vedere. Non è, come si dice di qui, ch’ella si lasci prendere alla pulcella, ma è il contrario”.

Il mio augurio è che troviate il vostro – personale – unicorno… potreste cominciare dal museo della Specola di Firenze, che conserva un dente di narvalo lungo più di 2 metri e mezzo: i denti di narvalo erano ritenuti proprio i corni dei nostri amici equini speciali! 

Palazzo Schifanoia, Ferrara: l’unicorno è ritratto mentre intinge il corno in una polla d’acqua, simbolo di rigenerazione.

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Viaggiare ad alta voce: strenne-2

Ancora non è scoccata la mezzanotte del 24 e quindi avete ancora tempo per recuperare gli ultimi regali!
Ma questi due consigli servono più a voi, un regalo pensato per farvi viaggiare con la fantasia e sulle ali della Storia.

Il primo riguarda un viaggiatore arabo: Ibn-Battuta (1304-1369).
I suoi viaggi diventati celebri e Ross Dunn ha raccolto una documentazione che introduce, spiega, accompagna e fa innamorare, non solo del personaggio, ma soprattutto dei luoghi visitati.
Luca Lanzalaco lo ha letto e recensito per noi

Il secondo consiglio strizza l’occhio al nostro lato più bambino e parla di draghi e principesse!
Si tratta di una serie di racconti, di autori vari e dal taglio a volte ironico, a volte più romantico.
Questo secondo libro lo potete trovare alla Libreria delle Donne di Firenze!

 

Infine, un consiglio generale, anche e soprattutto se decidete di regalare libri: leggeteli ad alta voce alle persone cui volete bene. Leggere ad alta voce per qualcuno che amiamo è una delle gioie più intense, che crea un legame doppio: tra noi e il libro, tra noi e chi ci ascolta, tra chi ci ascolta e il libro. Rimaniamo avviluppati in un complesso intrico di fili che suggerisce comunicazione di idee e di sentimenti.
Leggere ad alta voce non è solo un gioco da fare con i bambini, modificando la voce e interpretando i personaggi, ma è un balsamo anche per gli adulti.
Perciò, questo Natale, comprate un bel libro, un libro che vi piace, e regalate ad amici o parenti un po’ del vostro tempo: leggetelo e moltiplicate l’emozione!

Lawrence Alma-Tadema: “A reading from Homer”, 1885

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