Una mostra per due

La mostra intitolata “Verrocchio il maestro di Leonardo” si presenta, già nel titolo, come una mostra organizzata intorno a due grandi figure del Rinascimento italiano, eppure, sfogliata la prima pagina, il libro che racconta ha molti altri protagonisti. Si tratta infatti di un progetto che vuole ricreare l’atmosfera della bottega di Andrea di Michele di Cioni, divenuto noto come Andrea del Verrocchio e poi, semplicemente, come “il Verrocchio”.

Io ho sempre avuto problemi a visualizzare e riconoscere le “mani” dei singoli pittori, le influenze dei maestri sugli allievi, le personalità, ma l’idea di bottega di artigiano, beh, quella mi ha sempre affascinato. La biografia di Brunelleschi, che comincia il suo apprendistato presso un orafo, destava in me una certa meraviglia, perché in questo particolare era racchiuso l’intero universo di un artigiano rinascimentale e degli artisti che abbiamo imparato a riconoscere e ad amare. Ognuno di loro era versatile in più di un’arte e anche il geniale architetto di opere grandiose aveva cominciato a impratichirsi di una tecnica che richiedeva estrema precisione e che si esprimeva su superfici minuscole.

La prima sala, con il busto di Desiderio e i due di Andrea, da notare che nel busto della dama con il mazzolino l’allievo aggiunge un elemento fondamentale…braccia e mani!

Anche Andrea comincia presso un orafo, il più noto al tempo, Antonio Dei, e saltuariamente frequenta anche la bottega di Francesco Verrocchio, di cui tratterrà il nome quasi di appartenenza (Andrea del Verrocchio). Se la prima bottega è quella di un orafo, la formazione di Andrea avviene presso un altro illustre artigiano/artista: Desiderio da Settignano, ed è proprio presso di lui che Verrocchio riconosce la sua inclinazione, quella verso la scultura di pietra e di bronzo, l’amore per la tridimensionalità e le dita affusolate, gli andamenti dinoccolati e i volti sicuri, a volte spigolosi.

Questo mio non può essere un commento tecnico su Verrocchio, naturalmente, ma la mostra di Palazzo Strozzi racchiude, come dicevo, un libro molto denso di luoghi e persone e cercherò di offrirvi alcuni spunti per riconoscere le tante storie che vi si intrecciano. Così, in corsivo aggiungerò alcune considerazioni a margine sulle scelte espositive.

Una lettura parziale

La leggenda di Tobiolo e l’Angelo: opera di Verrocchio, in cui si riconoscono mani diverse, anche quella di Leonardo da Vinci…

Organizzando la mostra nel cinquecentenario della morte di Leonardo da Vinci, i curatori hanno voluto ristabilire un certo equilibrio tra Leonardo e i suoi maestri: la lettura di Giorgio Vasari, infatti, ha condizionato per decenni una interpretazione serena del ruolo di Verrocchio nella formazione di Leonardo, poiché Vasari riteneva che l’arte di Verrocchio fosse molto ben studiata eppur mancasse di quella grazia innata che il genio di Vinci dimostrava fin dalle sue prime opere. Inoltre Vasari era convinto che la scelta di dedicarsi alla scultura fosse stata per Verrocchio una sorta di ripiego dopo aver verificato che l’allievo Leonardo lo surclassava nelle opere pittoriche. Ebbene, il percorso espositivo ci guida attraverso le diverse fasi del lavoro di Verrocchio, permettendoci di apprezzare non solo l’ingegno pittorico ma l’influenza che, proprio attraverso i dipinti, il maestro fiorentino seppe esercitare su un intero gruppo di artisti sia toscani che umbri.

Modelli di stile

Pollici e alluci “svirgolati”, come scegliere una firma decisamente originale e inconfondibile!

Nelle prime due sale troviamo, l’una accanto all’altra, opere di Desiderio da Settignano e di Andrea Verrocchio (da solo o con Francesco di Simone Ferrucci) in modo da individuare lo spunto originario e l’evoluzione apportata dall’allievo. E’ però nella terza sala che incontriamo il Verrocchio pittore e verifichiamo la portata del suo insegnamento e della sua influenza iconografica: siamo infatti circondati da versioni diverse di un’unica scena, la Madonna che sorregge con una mano il Bambino in piedi sul davanzale di un’immaginaria finestra. Cambiano gli sfondi, cambiano i personaggi di contorno, solitamente angeli, ma l’impostazione rimane la stessa e gli allievi del maestro creano meravigliose variazioni sul tema: se li guardassimo isolati, ammireremmo piccoli capolavori, osservati accanto al prototipo ci appaiono esercizi di stile dall’incantevole armonia.

Questo, tra gli intenti della mostra, è forse il più ambizioso, dal momento che non è semplice proporre all’utente – per quanto di una mostra di Strozzi – una chiave di lettura riservata normalmente agli esperti. Nella sala troviamo anche un rilievo in terracotta che, accanto ai quadri, ci permette di individuare i segni di Verrocchio, così come li aveva concepiti a tutto tondo e trasposti su tela.

Celebrità

Il gioco di attribuzioni si complica ulteriormente e ci troviamo in una sala senza alcuna opera di Verrocchio, ma circondati dalle creazioni della scuola umbra (Perugino, Pintoricchio) e poi Ghirlandaio e Bartolomeo della Gatta, figlio di quell’Antonio Dei di cui Verrocchio era stato apprendista. Qui ritroviamo il senso più vero della “bottega”, di quella comunità di artigiani che imparano, sperimentano e colgono spunti per il solo fatto di lavorare in uno spazio condiviso. Alcuni di loro passeranno presso Verrocchio solo pochi anni, ma sufficienti a portare con sé una lezione duratura.

Eppure in questa sala la parte del leone la fa una Madonna con Bambino acquistata da John Ruskin, celebre critico d’arte ottocentesco: opera di Ghirlandaio, il quadro ci offre una visione cristiana su uno sfondo pagano, le rovine della basilica di Massenzio del Foro Romano.

Roma

Gli anni romani sono esemplificati da alcune opere, che però non saranno solo di Verrocchio ma anche di suoi illustri allievi: come il rilievo, solitamente esposto a Firenze nel Museo del Bargello, proveniente dalla Cappella Tornabuoni di Santa Maria sopra Minerva e dedicata alla giovane moglie del Tornabuoni, morta di parto. L’autore della struggente scena è Francesco di Simone Fortini, braccio destro di Verrocchio. Del maestro sono invece le terrecotte architettoniche e il busto di Giuliano de’Medici.

In questa sala i curatori introducono un tema scottante: le attribuzioni “mancate”. Qui infatti troviamo un busto ritratto che dopo attento studio è stato riconosciuto come opera del Pollaiolo raffigurante un esponente della famiglia Neroni; qui troviamo un giovane Endimione in terracotta che in mostra è definitivamente attribuito a Verrocchio. Il nostro occhio di visitatori comincia a raffinarsi e cerchiamo di cogliere le mani diverse nel soppesare i riccioli e i volumi.

Versatilità

Decorazioni di fontane, volti di bambini, candelabri che diventano elementi architettonici, lo studio delle proporzioni di un cavallo. Sembra di leggere una ricetta pasticciata, in realtà i curatori hanno cercato di esprimere i mille volti di Andrea Verrocchio anche attraverso i tanti progetti da lui affrontati: ancora una volta, troviamo in Verrocchio un protos euretès, l’inventore di un genere.

Leonardo

Circondati da immagini di antichi eroi ed eroine, troviamo questi schizzi leonardeschi tra cui si riconosce il profilo del David, riuscite a individuarlo?
Il gioco delle attribuzioni è quasi
un gioco di seduzione.

E il secondo protagonista? Quando e dove lo incontriamo nella mostra? Ebbene, Leonardo da Vinci si muove come un’ombra tra le sale di Palazzo Strozzi: la sua presenza aleggia, inizialmente, nei disegni delle prime sale e noi potremmo quasi immaginarcelo in un angolo della bottega, intento a prendere nota in punta di stilo. Vediamo le mani della dama con il mazzolino, studi di volti tra cui spunta il David. Lo ritroviamo, ancora in un disegno, qualche sala più in là, questa volta la sua mano traccia il segno di un canneto, mentre Verrocchio è autore di Venere e Cupido (forse variazione sul tema della Madonna con Bambino?). Poi giungiamo alle ultime sale, dove Verrocchio, ormai anziano e già a Venezia, è solo una presenza lontana, un maestro che indica la direzione da prendere, ma lascia che gli allievi si muovano in autonomia. Qui, accanto a Lorenzo di Credi, troviamo un San Donato dipinto da Leonardo e confrontato direttamente con l’ispirazione verrocchiesca.

Rivelazione

Giungiamo infine all’ultima sala, la più ambiziosa. Qui troviamo un’unica terracotta, di nuovo una Madonna con in grembo il suo Bambino. Colpisce molto il viso puntuto (caratteristica che abbiamo imparato ad associare a Verrocchio) eppure sorridente della madre che coccola il bimbo, anch’esso ritratto in un momento di pura felicità infantile. Attorno a loro una serie di disegni di panneggi, gli uni di Leonardo, gli altri di Verrocchio; ci viene ricordata ancora una volta la ingegnosa tecnica di Andrea Verrocchio, il quale attorno ai manichini appoggiava panni bagnati o cerati, perché, nel ritrarli, la resa del panneggio fosse la più naturale possibile. E così, seguendo lo sviluppo della tecnica del maestro attraverso gli esperimenti dell’allievo e facendo tesoro delle lezioni apprese in mostra, ecco che ci sembra logico appoggiare la versione dei curatori: quella dinanzi ai nostri occhi è una terracotta di Leonardo da Vinci, l’unica a oggi nota.

#unamostraperdue

La mostra di Strozzi ha ispirato me e Marina Lo Blundo: domenica 28 aprile la abbiamo visitata condividendo su Twitter le nostre impressioni. Seguendo l’hashtag #unamostraperdue troverete i nostri tweet, mentre qui potete leggere le considerazioni di Marina sul blog Maraina in viaggio. Ringrazio ancora l’ufficio didattica della Fondazione Strozzi per averci appoggiate in questa visita “social”.

L’esposizione di Palazzo Strozzi non esaurisce, tuttavia, il messaggio dei curatori: al Bargello, da cui provengono molte delle opere in mostra, è allestito un altro breve percorso, incentrato attorno alla Incredulità di San Tommaso, il bronzo che Andrea del Verrocchio realizzò per Orsanmichele.

Invito

La mostra “Verrocchio il maestro di Leonardo” è un percorso non facile, che raccomando di fare seguendo gli approfondimenti dell’audioguida. Ma alla fine di questo percorso vi ritroverete più ricchi, di bellezza, perché le opere selezionate sono estremamente affascinanti, e di quella polvere e di quell’odore che la bottega di Andrea del Verrocchio vi avrà lasciato addosso, complete di suggestioni e della consapevolezza di aver assistito alla nascita del Rinascimento!

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A volo di gru – parte seconda

Riprendiamo il volo della gru, uno degli uccelli migratori che copre le distanze più lunghe, per raggiungere destinazioni distanti tra di loro, ma ugualmente affascinanti.

Le rotte migratorie della Grus grus

Nella seconda mattinata di rassegne di viaggi culturali, infatti, ci siamo avventurati dall’Africa all’Asia e poi al centro del Mediterraneo e nel cuore d’Europa!

Foto dalla scheda web del viaggio in Etiopia di Kailas

Kailas viaggi ha proposto due mete, distanti ma unite da un filo rosso: la profonda spiritualità e gli sguardi incantevoli degli abitanti. Andrea de Pascale ci ha infatti accompagnato in Etiopia, alla scoperta di bellezze naturali “estreme”, come la Dancalia, ma soprattutto dei monasteri rupestri, scavati nella roccia. Qui sono conservati manoscritti copti, presentati con religioso rispetto dai monaci stessi (gli unici in grado ormai di leggere e comprendere la lingua in cui sono stati scritti). Tra questi, celeberrimo è il Kebra Nagast, che riunisce le figure leggendarie di Salomone e della Regina di Saba, il libro sacro della religione Rastafariana.

Una casa decorata con elementi apotropaici e il fallo…d’angolo

Dopo l’Etiopia mistica, sempre con Kailas ci siamo spostati in Bhutan. Elisa Bianchi ci ha guidato tra le montagne più alte del mondo, alla scoperta di un’isola verde di felicità. Delle tante immagini colorate e sorridenti, tra le quali segnalo la celebrazione delle gru dal collo nero, mi è rimasta impressa quella delle decorazioni popolari di alcune case: un fallo gigante, colorato e stretto da un nastrino, destinato a portare fertilità e buona sorte. In Bhutan l’origine è buddista, di un monaco che, per diffondere il verbo del Buddha, girava il Paese raccontando barzellette osé, ma questo uso ha origine antropologica più ampia e così ritroviamo le stesse decorazioni (ma a rilievo) a Pompei e a Thasos!

Immagine di uno dei falli a rilievo, scolpiti sulle case di Pompei
A Belgrado confluiscono
due fiumi, Sava e Danubio.

I Viaggi di Maurizio Levi ha quindi organizzato due presentazioni molto coinvolgenti che potrei intitolare “Ripartiamo dai Balcani“! A condurre le danze l’archeologo Dante Bartoli, il quale aveva il compito di sottolineare l’aspetto storico-archeologico dei viaggi. L’itinerario bulgaro, dal titolo “Viaggio in Bulgaria, dal misterioso regno dei Traci all’impero rivale di Bisanzio”, è stato infatti condotto interamente da Dante, il quale ci ha proposto immagini suggestive di tombe reali e della Valle delle Rose. Ma il viaggio più intenso e complesso dal punto di vista storico, archeologico, artistico, culturale, è sicuramente quello in Serbia. Qui, Dante Bartoli è stato affiancato da Nicolò Cesa, un giovane sociologo dalla personalità poliedrica: avventuroso viaggiatore, negli anni ’80 e ’90 gira i Balcani come musicista di strada ed entra in contatto con la vera essenza della popolazione serba. Il suo racconto della Serbia è ricco di spunti letterari e cinematografici, ma soprattutto comunica un’esperienza vissuta sui basoli di città affascinanti come Belgrado e Novi Sad. Grazie al racconto di Nicolò siamo entrati nei vicoli, abbiamo seguito il “fil bleu” del Danubio, abbiamo attraversato la Vovodina, con i suoi 26 gruppi etnici e 7 diversi idiomi. Abbiamo “incontrato” Tesla, il serbo forse più celebre, Einstein che scrive lettere d’amore alla moglie serba di Novi Sad, i cuochi del Titanic, che servivano vini serbi, l’imperatore Traiano, che ci ha lasciato un ponte e una Tabula, Erri de Luca, Emil Kusturica. Un viaggio di grande ispirazione, che I Viaggi di Maurizio Levi ha presentato insieme all’Ente Nazionale del Turismo della Serbia.

La Tabula Traiana è un’iscrizione che ricorda l’impresa militare romana nella regione. Oggi è visitabile nello scenario suggestivo del Parco Nazionale di Djerdap, unitamente ai resti del ponte romano.

Templi a Gozo …
e così ho scoperto (!) che Malta è un arcipelago!

Dopo questo giro balcanico ci siamo mossi verso il centro del Mediterraneo, a Malta. Qui, dopo una introduzione di Claude Zammit Trevisan, responsabile di Malta Tourism Authority, Francesca Benvegnù ha sostituito il professor Massimo Vidale, rimasto in Iran per questioni di lavoro, nell’illustrare l’affascinante viaggio nell’…ombelico del mar Mediterraneo! Una delle immagini che mi è rimasta impressa è sicuramente la visita dei più importanti santuari, la cui pianta riprende chiaramente le forme steatopigie delle statuette della Dea Madre. A Malta torniamo nel grembo di chi ci ha generato…

Dee madri, la forma rotonda, strozzata all’altezza del collo e della vita, sembra proprio essere stata riprodotta in pianta nei santuari.
Dalla terrazza superiore del “bovolo”,
cioè della scala a chiocciola di Palazzo Contarini.

Infine, la conclusione della giornata è stata curata da Fondazione Venezia Servizi  e affidata a un gruppo di giovani imprenditori della cultura. Con un piglio quasi manageriale ci hanno coinvolto nel loro entusiasmo e ci hanno presentato un’iniziativa davvero interessante e meritevole. Il nome del progetto è “Gioielli Nascosti di Venezia” ed è estremamente lineare: 5 luoghi non molto visitati, vengono aperti al pubblico con iniziative di grande effetto scenografico e di valore culturale. Quel che mi ha colpito, tuttavia, è stata proprio l’impostazione del progetto: si tratta infatti di monumenti di proprietà dell’IRE (Istituto di Ricovero ed Educazione) di Venezia e storicamente erano luoghi destinati alla cura di cittadini e cittadine con particolari necessità (orfane, prostitute, malati, persone indigenti, ecc.). Parte dei proventi delle iniziative della Fondazione, dunque, saranno reinvestiti in opere di welfare sociale, così da perpetuare l’attività dell’IRE. Bravi a tutti! Io intanto cerco di non perdermi l’osservazione delle stelle dalla terrazza superiore del palazzo Contarini del Bovolo, con telescopi e astronomi pronti a spiegare lo spettacolo del cielo stellato…!

Spero davvero che questi brevi post sulle rassegne di viaggi di tourismA siano serviti almeno a darvi spunti per i vostri prossimi viaggi.

“Navigando sul mare color del vino verso genti straniere”

Odissea, I 183
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A volo di gru – parte prima

Nel pensare al titolo di questo post mi è venuto spontaneo pensare alle gru, forse perché mi ha colpito il racconto della celebrazione di questi uccelli in Bhutan. Eppure ho scoperto che, in effetti, la gru è l’animale che meglio di altri può rappresentare l’idea di un viaggio lungo, attraverso molte regioni e numerosi popoli e culture. Proprio questa è la sensazione che mi hanno lasciato le due mattinate di rassegne di viaggi archeologici e culturali che ho introdotto a tourismA 2019.

TravelMark di Nadia Pasqual ha promosso e organizzato le due rassegne, invitandomi come presentatrice e facendomi ovviamente un grande regalo: in prima fila ad ascoltare nove tra agenzie di viaggio, enti del turismo, associazioni culturali e parchi archeologici e naturali, che proponevano offerte di viaggi culturali veramente allettanti.

Nel seguire le presentazioni ho preso qualche appunto, che voglio condividere con voi, sicura di farvi venire anche solo la voglia di …saperne di più!

Earth Cultura e Natura è un tour operator specializzato in viaggi all’insegna dell’ecosostenibilità e a tourismA ha presentato un viaggio molto particolare. Adine Gavazzi, professoressa di Antropologia della Salute-Biosfera e Sistemi di Cura per la Cattedra UNESCO dell’Università di Genova, ci ha accompagnato in un percorso emozionante attraverso la foresta andina, ma non solo.

Antropologia della Salute è la definizione scientifica che viene data allo studio degli ecosistemi e delle popolazioni che li abitano, con particolare attenzione al legame tra “natura e cultura” (per dirla con Lévi-Strauss): la voce sottile e al contempo forte di Adine ci ha davvero preso per mano e ci ha mostrato quanta ricchezza è racchiusa non solo nei luoghi delle Ande peruviane, ma soprattutto nei saperi di chi le abita da millenni. Non dimenticherò mai la sua illustrazione di questa immagine di Machu Picchu:

Ci ha indicato i picchi più importanti identificati come divinità, e ci ha detto che quando guardiamo Machu Picchu, in realtà siamo noi l’oggetto degli sguardi di questa natura che l’uomo ha saputo ascoltare e con la quale ha dialogato e dialoga tuttora. Adine ha parlato di “cosmovisioni” e, per renderle il tutto più comprensibile a un pubblico prevalentemente toscano, ha fatto riferimento ai monaci Camaldolesi e al loro rapporto con il loro bosco, un luogo di cui hanno scritto i codici… per decifrarlo!

Con una partenza così poetica (ma Adine preferisce si dica “fisiologica”!) ci siamo ben disposti all’ascolto anche delle altre proposte di viaggio. Così, quando si sono presentati Marco Cattaneo e il paleontologo Federico Fanti, per National Geographic Expeditions, siamo stati velocemente coinvolti in una traversata del deserto del Gobi, in Mongolia, alla ricerca di … dinosauri! In realtà, due aspetti della loro presentazione mi hanno affascinata: il primo riguarda l’immagine di uno studioso che accarezza il ginocchio di un dinosauro, ancora inglobato nella roccia… mi ha ricordato il nostro Michelangelo, alla ricerca di soggetti da “liberare dal marmo”; il secondo è stato un commento di Fanti, il quale ha spiegato…l’origine dei draghi cinesi! Proprio il ritrovamento dei numerosi scheletri di dinosauri avrebbe infatti stimolato la fantasia. #cacciatorididraghi

Il Tucano Viaggi ha lasciato che Fabio Bourbon, saggista ispirato, creasse delle suggestive connessioni tra i viaggiatori del passato, alla cui intraprendenza e abilità ritrattistica dobbiamo spesso i primi reportage di zone sperdute, e quelli del presente, chiamati a condividere il progetto culturale degli archeologi. Bello il paragone con il teatro: secondo Bourbon potremmo considerare gli archeologi come i primi attori (sarebbe… prime donne… ma glisso!) e chi collabora con loro comprimari e comparse, ma tutto il lavoro è fatto per coinvolgere il pubblico, altrimenti rimane fine a se stesso. Con questa filosofia, Fabio Bourbon ci ha accompagnato in una rassegna delle principali destinazioni archeologiche del Tucano, con grande spazio per la Turchia!

Dopo tutti questi itinerari così distanti tra loro, è stato il turno del Parco Nazionale della Krka, in Croazia: l’archeologo Alessandro Campedelli ci ha invitato a esplorare il patrimonio archeologico del fiume Krka, che spazia dall’età protostorica a quella medievale, allungandosi lungo il corso d’acqua e concentrandosi nel sito di Burnum. Molto interessante da un punto di vista storico-archeologico e decisamente allettante dal punto di vista naturalistico, con vedute mozzafiato!

Direttamente dal Parco Nazionale di Krka… oppure era Fantasy Island?!

Francesca Benvegnù, collaboratrice storica dell’Agenzia Rallo ed esperta archeologa, ha illustrato una serie di “pacchetti” di viaggio che formano l’iniziativa “Una giornata particolare”, per vivere Venezia, Altino, Mestre, Feltre e Padova (e non solo!) attraverso percorsi dedicati e molto affascinanti. Ci ha poi accompagnato attraverso le tappe di un tour archeologico sulle tracce di Carlo Magno… un piacere per gli occhi e per lo spirito che, chissà, mi ha forse convinto a cancellare qualche impegno per poterla seguire!

Tanti spunti, questo post si ferma al riassunto della prima giornata. Domani la seconda parte!

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10 cose da fare a tourismA…

… in alternativa all’intervento di Alberto Angela!

Cari amici e care amiche, in questo blog cerco di raccogliere idee personali, cui tengo molto da tempo, oppure idee improvvise, emozioni varie. Tutto avviene nel massimo rispetto (almeno spero) del sentire altrui, ma anche dando alla sottoscritta piena libertà di esprimere se stessa.

Con lo stesso spirito ho deciso di confezionare un post un po’… dissacrante! Oggi, infatti, la kermesse di tourismA 2019 si conclude, come di consueto, con l’esibizione di Alberto Angela, il quale presenterà il suo ultimo libro: Cleopatra.

Ebbene, cosa succede se non riuscite a raggiungere in tempo l’Auditorium? Oppure se non riuscite a trovare nemmeno un piccolo posto in cui raggomitolarvi per seguire il vostro beniamino dal vivo, o ancora se, in fondo, non ci tenete poi così tanto ad ascoltarlo?

Qui di seguito vi elenco almeno 10 cose che potete fare, anziché tornare mesti a casa:

#1 Recarsi in SALA 4 e seguire la presentazione “Una storia fiorentina”: i Laboratori Archeologici Archeosangallo hanno confezionato un’utile guida alla parte islamica di Firenze. Una pubblicazione importante, fatta da storici e archeologi esperti.


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#2 Scendere tra gli stand e chiedere ad Alfio Tomaselli di modellare l’arco di Ulisse e poi sistemare dodici asce (facendosi aiutare dalla squadra del Museo di Verucchio, impegnata in ricostruzioni villanoviane oppure dalla Associazione culturale Legio I Italica) e rievocare la sfida di Ulisse, travestito da mendico, con i Proci.

#3 Correre a comprare il libro Cleopatra di A.A., per poi portarglielo e farglielo firmare, e rimanere invece colpiti dal casuale libro immediatamente accanto e finire per comprare quest’ultimo!

#4 Fare un giro tra gli stand dei viaggi archeologici e concedersi un po’ di tempo per modellare un itinerario su misura!

#5 Partecipare a un laboratorio di History Lab e poi trascrivere tutte le indicazioni delle sale, toilette e altro in geroglifico!

#6 Scendere in giardino e scoprire qual è l’intruso tra i Giganti di Mont’e Prama!

#7 Fermarsi allo stand di All’Insegna del Giglio e comprare “Porta di mare”, un libro che fa rivivere il borgo di Policastro, in un’epoca imprecisata del ‘500, poco prima della battaglia di Lepanto.

#8 Farsi un selfie con uno dei meravigliosi legionari della Legio I Italica!

#9 Prenotare il viaggio a Creta e Santorini presso lo stand di Azalai. Si svolgerà nella prima quindicina di giugno e lo accompagnerà… beh, riuscite a distinguere lo sguardo beffardo della tipa nella foto in basso a destra?! (eheheh)

#10Uscire fuori, saranno probabilmente tra le 16 e le 17, e godersi l’aria fiorentina e la luce che rischiara l’azzurro cobalto.

Alla fine, importa poco quello che deciderete, l’importante è che vi siate divertiti e appassionati all’archeologia e al turismo consapevole ed ecosostenibile. In questa ultima giornata, soprattutto, cercate di assistere a incontri lontani dai vostri interessi più immediati, cercate di esplorare, lasciatevi tentare da esperienze nuove!

Io personalmente non mi perderò per nulla al mondo la presentazione, in Sala 4, dell’agile guida alle testimonianze che a Firenze ancora si incontrano della presenza della cultura islamica.

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