Questa è la cronaca di 3 giorni in Giordania, a Wadi Mousa, sotto la guida esperta di Chiara Marcotulli, di Archeosangallo, uno spin-off accademico dell’Università di Firenze. Un viaggio di scoperte e di emozioni che condivido con voi, segnalandovi che con i viaggi Azalai, questa opportunità è alla portata di tutti!
Un uomo sorridente mi saluta in inglese e mi invita a salire sul suo taxi. Sono appena atterrata ad Amman e lui è Bilal, l’autista inviato dagli archeologi italiani per accompagnarmi a Wadi Mousa, ovvero Petra, sede della Missione Archeologica Italiana dell’Università di Firenze.
Sono le nove di sera, il viaggio comincia e, dopo una sosta veloce per mangiare qualcosa, dopo una serie di convenevoli e di chiacchiere amichevoli, Bilal inserisce il CD dei Greatest Hits di Whitney Houston. È fatta. Mi ha definitivamente conquistato e il suo taxi sfreccia nella buia sera del deserto giordano, con le altissime note della Venere nera che coprono appena le nostre due voci, unite in un duetto da Wembley Stadium.
Inizia così il mio viaggio in Giordania: arrivo di notte, avvolta dalla musica della mia adolescenza e riemergo il mattino successivo in una luce che mi ricorda di appartenere al Mediterraneo più meridionale che c’è, con un cognome che sa di Levante.
Sono a Petra, anzi a Wadi Mousa, cioè il luogo in cui Mosé ha fatto scaturire una sorgente d’acqua toccando una roccia con il suo bastone; il luogo in cui il fratello Aronne è stato sepolto; il luogo in cui Mosé ha cominciato a credere veramente nella Promessa di una Terra, ma troppo tardi.
Ma sono nel luogo di Indiana Jones e l’Ultima Crociata, il luogo del sacro Graal, il luogo di mille e una foto: sono a Petra.
Ci sono molti modi per vedere Petra, ma di certo, l’opportunità di essere accompagnati da chi lavora da anni in questi luoghi aggiunge un valore incommensurabile. Anzi, un modo per misurarlo c’è e sono i sorrisi: quelli di Salman, ad esempio, e della famiglia Amarat, l’uno, un beduino che in perfetto inglese racconta storie da Mille e una Notte e gli altri, esperti mercanti, guidati dal poliedrico (e poliglotta) Adel, che incantano con la loro mercanzia, fatta di frammenti di vita nel deserto. Il sorriso di Mofleh, che Lonely Planet e National Geographic presentano come una tappa imperdibile per chi voglia vivere un’esperienza unica a Petra: pranzare in una tomba nabatea! Mofleh ci offre un tè squisito, mentre alle sue spalle tre turisti si alzano satolli e sorridenti da tavola. Chiara mi racconta di averlo conosciuto durante una serie di campagne di scavo nel castello crociato che sovrasta la sua casa nabatea: la loro amicizia si è saldata soprattutto quando l’archeologa è stata impegnata in una serie di rilievi, in solitaria, tra le rovine del castello. In quell’occasione, il premuroso beduino la rifocillava e la riscaldava con tè e cibo.
Sorriso, con forse ancora meno denti, è quello di Abu Ali, divenuto celebre quando il governo lo ha allontanato dall’ingresso di Shawbak, dove la sua tenda beduina turbava la solennità del castello e per questo andava rimossa. La soluzione di Abu Ali è stata brillante: si è spostato lungo la strada di accesso al sito storico, ricavando un nuovo negozio in una delle varie caverne scavate in epoche imprecisate nella roccia, piantando una nuova tenda, ma soprattutto recuperando un vecchio Maggiolino e trasformandolo nell’Albergo più piccolo del mondo!
Unica stanza l’abitacolo della macchina, ma vista sul castello assicurata! Un colpo di genio che gli ha fruttato articoli, una tesi di laurea (!) e premi. Quando gli chiedo il permesso di scattare alcune foto del nuovo negozio, Abu Ali indossa una kefiah e mi fa capire di voler figurare nella foto.
Di sorriso in sorriso, di tè in tè, la mia visita a Petra e Shawbak si è rivelata una vera sorpresa. Pensavo di essere già fortunata perché potevo contare sulla guida di una amica, capace archeologa, impegnata da anni in quei luoghi. In realtà, Chiara si è rivelata una chiave preziosa per aprire uno scrigno pieno di profumi, colori, volti, vite: il sito archeologico ha fatto da cornice alla storia di una comunità, che ha vissuto in mezzo alle rovine di civiltà lontane nel tempo. Un enorme contenitore di storie, ecco cosa è Petra, un gioco di scatole cinesi che permette di sperimentare il corso eterno del Tempo.
Complimenti, mi hai fatto provare emozioni leggendo il tuo racconto di viaggio…è il viaggio che mi piacerebbe fare appena potrò…grazie davvero! Ciao
Grazie per le belle parole!
A breve altri “scatti”, ma il viaggio con Azalai e Archeosangallo è davvero un regalo che vale la pena farsi 🙂