Mitopoiesi

Poi un giorno ti ritrovi in una casa avvolta da un caldo tropicale. Le pareti ricoperte di foto color seppia, alternate a diplomi vergati in caratteri gotici, e a quadri di diverse dimensioni. Il profumo di canfora traccia scie di borotalco attraverso l’aria del salotto e lì, seduta, c’è lei, l’enigmista novantenne che sei venuta a trovare.

Seduta su una poltrona di fronte alla sua sedia a rotelle, sprofondi velocemente in un sottile torpore: sarà il caldo, sarà il fatto che sei tanto stanca e che avevi effettivamente bisogno di sederti, sia fisicamente che mentalmente, e interrompere la tensione che ti tiene inchiodata alla scrivania da mesi. E mentre ascolti, guardi l’amica che ti fa da psicopompa (in fondo è la tua anima che ha chiesto di essere introdotta dinanzi all’enigmista) e ti chiedi perché ti trovi seduta in quel salotto.

Sapevi già che con l’anziana enigmista non era facile interagire, la tua amica ti aveva già detto che la signora non parla facilmente con gli estranei, inoltre è piuttosto sorda, perciò è proprio difficile intervenire mentre è intenta a mettere in fila i suoi ricordi.

L’aedo iniziò sulla cetra a cantare con arte

Ma a poco a poco la tua anima si stacca da te, finalmente si lascia incatenare dal concatenamento di episodi: il filo logico non è più importante, non devi seguire, devi lasciarti guidare. Ogni tanto vuoi comunque dire la tua (ma sì, in fondo sei giovane…), ma capisci che devi solo attendere che si sciolga l’eco dell’ultima sillaba, intrappolata nell’aria tropicale. Poi riattaccherà un altro frammento, più o meno lungo.

Arriva il momento dei quadri e della storia del nonno artista, del suo arrivare a Firenze con una valigia e un violino, per bussare all’Accademia “toc toc” e poi ai primi cinema negli anni ’10, un secolo fa. Il pittore comincia a farsi conoscere come ritrattista, il violinista si guadagna da vivere accompagnando le scene dei film muti. Basterebbe questo a lasciarti contenta, mentre gli occhi accesi del pittore violinista ti fissano da un autoritratto fatto a carboncino.

Ma non è finita, attraverso i lavori del nonno, l’anziana enigmista giunge a una foto: la fotografia del ritratto di Giulia Boninsegni Buitoni. Tu stai ancora ammirando la cura nei dettagli della treccia e della cuffia, quando la tua anima spalanca la porta appena socchiusa di un racconto d’altri tempi.

Il cantore famoso cantava fra loro, ed essi sedevano
ascoltando in silenzio

All’inizio sembra un episodio quasi banale, che riguarda un passato lontano; quasi una commedia farsesca, delle trame popolari che ispirarono Boccaccio. La scena è Sansepolcro e per un attimo sembra di poter annusare l’aria fresca e sentire gli zoccoli di cavalli grigi che si apprestano a lasciare il paesino: il primo atto vede infatti come protagonisti i “procaccini“, che devono recarsi in un paese vicino e trovare una sposa per il giovane Buitoni Giovanni [e accidenti a me, alla mia memoria, agli appunti che non ho preso… quale paesino era??]
Arrivati in casa di Giulia le chiedono se vuole sposare Giovanni e lei ci pensa un po’ su, ma poi dice di sì. E’ fatta.

Femio, molte altre imprese di uomini e dei tu conosci,
che incantano gli uomini, e i cantori le celebrano
cantane una, seduto tra loro

La vita a Sansepolcro mette alla prova la giovane sposina, che è chiamata a dimostrare la sua abilità di cuoca e donna di casa: le sue lasagne lasciano tutti senza parole e.. a bocca piena! La prima a destarsi dall’incantesimo è la cognata, che ordina subito altre lasagne per un’occasione speciale che deve organizzare a casa sua.
In breve Giulia diventa la fornitrice ufficiale di pasta fatta in casa, ma la sua fantasia non è soddisfatta, perciò guarda il marito e decide di sfruttare la sua abilità di fabbro: gli commissiona la prima invenzione, una macchina per fare… una pasta lunga lunga e dritta, come dei piccoli spaghi.
Sono gli spaghetti! Il primo prodotto insieme alle lasagne, che esce dalle mani e dalla testa dei due coniugi Buitoni.

Demodoco, a lui un dio largì il canto,
per allietare, come l’animo induce a cantare

In men che non si dica, le giovani di Sansepolcro e dei paesi vicini stavano bussando alla porta di Giulia, per chiederle di essere prese come lavoratrici nel pastificio. Si trattava ancora di uno spazio ristretto, ma l’abilità aveva accelerato le possibilità imprenditoriali: accanto alle stanze per le impastatrici e a quelle dei tecnici che elaborano utensili in metallo per creare le nuove forme di pasta, arriva presto la necessità di una nursery per i figli delle operaie.
Siamo nella Toscana del 1827: quale immensa espressione di modernità!
[ma non sei tu, proprio tu, che hai parlato per cinque settimane della corsa all’affrancamento della donna attraverso l’archeologia? ma non sei tu, proprio tu, che hai citato in lungo e in largo il libro di Virginia Woolf, scritto nel 1928 e che fa riferimento anche al 1827? magia o suggestione?]

E’ giunto il momento di interrompere questo flusso di parole e volti… Lo sguardo sornione dell’anziana enigmista ti segue e aspetta da te un cenno per poter continuare. Tu decidi di fare finta che ci sia qualcosa di più importante che ti aspetta, là fuori. In realtà la tua anima ti chiede di non bruciare tutto subito, al primo incontro. E’ importante lasciare qualcosa da dire la prossima volta che ci vedremo. Perché ci sarà una prossima volta. E infatti va così, ci si saluta con l’idea di affrontare un nuovo viaggio nel tempo.

L’araldo appese ad un chiodo la cetra sonora,
prese per mano Demodoco e lo condusse via
dalla sala

Mentre scendi le scale, guardi il palazzo con occhi diversi. Nell’ingresso noti la data di fondazione della casa: 1887. Non ci avevi fatto caso entrando, così come non avevi fatto troppo caso a quelle pareti in finto stile pompeiano e il soffitto a grottesche. Per un attimo il volto del pittore-violinista sembra scoprire la sua vera identità: forse è Apollo che ha usato una Musa, saggia erede dell’animo del lochios (l’enigmatico), per incantarmi con racconti che catturano.
La genesi di un racconto, la poiesis di un mito.
A quando il prossimo episodio?

I riferimenti a Demodoco e Femio sono tratti, rispettivamente, dall’VIII e dal I libro dell’Odissea.

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