Ieri sera salutavo i miei compagni di viaggio, quei magnifici 19 adolescenti statunitensi (e due insegnanti) che mi hanno riempito gli ultimi 8 giorni. Cornice della nostra piccola storia di affetto e determinazione, una partita, LA partita, tra Germania e Grecia.
Difficile descrivere la sensazione di straniamento: da una parte cerchi di imprimere l’incancellabile souvenir nelle giovani menti (e brillanti) di un perfetto esempio di melting pot à la americana, dove le radici indiane, cinesi, italiane, irlandesi, tedesche, polacche, disegnano i volti sorridenti e inquieti di adolescenti in cerca di un mondo migliore, di una exit strategy ai fallimenti dei loro genitori.
Dall’altra ti aggiri in mezzo a caffetterie miracolosamente piene, di giovani (soprattutto) in prima fila a godersi la ribellione degli dèi. Quei theòi che salutavano dalle prime pagine dei giornali nel glorioso europeo del 2004e che ieri sera ce l’hanno messa tutta per riuscire ad incrinare il sorriso di ceramica di un’Angela Merkel più Crozza che mai…
Difficile trovare posto, arduo capire la telecronaca, impossibile non appassionarsi ai volti tirati e gli occhi speranzosi delle decine di greci seduti davanti agli schermi.
Accanto ad uno dei locali più frequentati, quasi esclusivamente da ateniesi, un improvvido non-giovane tenta di combattere la crisi in maniera più creativa, intonando canzoni da piano bar e raccogliendo ben magre soddisfazioni da parte di turisti abbattuti dal caldo torrido.
Lo struscio continua, in odòs Adrianou, davanti alla cara vecchia agorà del Ceramico, nelle tortuose stradine della Plaka. Eppure si capisce che a camminare avanti e indietro sono solo turisti. Il Greco, i Greci, sono rigidi sulle sedie davanti allo schermo verde, costellato da puntini impazziti che corrono dietro ad una sfera bianconera. Ogni tanto l’onda degli ospiti paganti si ferma, sorride di fronte a tanta devozione e in cuor suo sa bene che questa Grecia non può battere quella Germania.
A tratti la marea di ferma, trattiene il respiro, i camerieri si bloccano con i vassoi a mezz’aria, volti tesi a guardare il prato e poi qualche sospiro a sottolineare l’azione mancata.
Il gol della Germania arriva nel silenzio più totale.
Solo le immagini dei bianchi e biondi tedeschi che si abbracciano lasciano intuire il peggio.
Dopo il primo tempo i miei ragazzi decidono che conviene celebrare degnamente la loro ultima notte ateniese e così torniamo in albergo, con l’idea di preparare i bagagli e di fare nottata, perché il souvenir ellenico sia davvero completo.
Sulla strada verso l’hotel, però, accade qualcosa di straordinario. In uno scenario apocalittico (odòs Ermou completamente deserta), a poche centinaia di metri dalla Boulè rinnovata, il cielo ateniese viene squarciato da un boato che sembra sorgere dalle viscere stesse della città dei filosofi.
E’ GOOOOL! e a suggellare il momento liberatorio vediamo due ragazze corrersi incontro ed abbracciarsi, felici.
Dura poco, il tempo di raggiungere l’albergo e lo schermo racconta l’epilogo più tragico di un qualsiasi Sofocle di periferia.
Così tutto rimane com’era. La crisi continua ad essere una perfetta Erinni, Angela continua a sorridere, la Germania continua ad essere più forte.
E i miei adolescenti? Per loro la partita è appena cominciata…