Ci sono dei brani musicali che entrano nei precordi di questo mio vecchio mondo interiore e raggiungono immagini talmente lontane da balzarmi agli occhi già incorniciate. La routine delle nostre domeniche in via Crispi era scandita dagli umori di mia madre, che solitamente era sempre in vena di qualche brano chopeniano. Mazurke, ballate, soprattutto queste ultime.
Riprendo l’ascolto della amata Radio Tre dopo alcuni mesi di distacco e mi imbatto in una trasmissione che propone dei taccuini personali di varie voci di Radio Tre. È la volta di Giovanna Natalini, la quale comincia con un Vivaldi raffinato e poi propone Arturo Benedetti Michelangeli e Chopin:
Io mi fermo e ascolto e nel giro di poche battute ritrovo il nostro salotto e vedo le spalle di mia mamma incurvarsi sugli accordi, torno a seguire il moto che sembra perpetuo delle semicrome, ricordo perfettamente le pause, le accelerate. Ed è ancora domenica e io resto sul divano ad ascoltare mia madre e lei diventa Chopin, no anzi è lei stessa tastiera e pianista, lei stessa spartito e interprete, per alcuni bellissimi momenti non esiste nient’altro, e ciò che esiste è solo mio.
Un viaggio
Comincio così, in una domenica densa di ricordi che, come martelletti sottili battono sui precordi, come dicevamo, il racconto di un viaggio fatto inseguendo fiabe e boschi incantati e che mi ha portato in un mondo medievale che non mi aspettavo.
La Bretagna ha sempre avuto un posto speciale nella mia lista di luoghi da visitare e il fascino della meta è aumentato man mano che mi sono immersa nella lettura e poi nello studio delle leggende su Melusina, la Dama del Lago, il ciclo bretone e La Morte d’Arthur, Broceliande.
La foresta
Broceliande è stata infatti la prima tappa e forse l’unica veramente legata alle leggende che volevo inseguire: il nome moderno è Paimpont, ma per noi visitatori, che siamo la forma un poco più snob dei seguaci delle saghe tolkeniane, il nome Broceliande resta impresso sulle cartine e sui tanti gadget:
Che tu sia un camminatore o che voglia affittare una bicicletta oppure senza abbandonare la tua macchina o il tuo camper, i sentieri e le strade della foresta ti accompagnano nei luoghi che la tradizione ha legato indissolubilmente ai protagonisti dei racconti arturiani: Mago Merlino, la chiesa del Graal, la saggezza druidica, l’acqua che garantisce vita eterna e che è custodita da donne bellissime.
Saghe del bosco
Le vicende di Merlino e di Re Artù sono ovviamente legate a Camelot e ai luoghi che oggi pare poter riconoscere nei castelli della Cornovaglia o in alcuni laghi del Galles, ma il legame con l’immaginario francese è storico: Brittany è il nome della regione da cui provengono alcuni dei cavalieri, Broceliande parrebbe essere il luogo di origine di Viviane, alla Cornovaglia inglese fa da contraltare la Cornouaille bretone, e così via. Le imprese dei cavalieri alla ricerca del Graal hanno lasciato tracce nelle numerose chiese che tra il XII e il XIII secolo sono sorte dall’una e dall’altra parte del Canale e che, questo è poi il punto che mi interessa di più, hanno riacquistato visibilità e fama nel corso del Novecento, allorché lo studio delle leggende cavalleresche proiettava la propria ombra sull’immaginario non solo di professori di storia e folklore, ma anche di appassionati di racconti di imprese.
Paladini
Perciò mio fratello ha deciso di sfidare a duello ogni barone, il cui fiore è radunato qui, per dimostrare il suo valore: che sia pagano o battezzato, lo venga a incontrare fuori dalla città, nel verde prato alla Fonte del Pino, dove si dice che ci sia il Pietrone [la tomba] di Merlino.
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Per tanto ha il mio fratel deliberato,
Per sua virtute quivi dimostrare,
Dove il fior de’ baroni è radunato,
Ad uno ad un per giostra contrastare:
O voglia esser pagano o baptizato,
Fuor de la terra lo venga a trovare,
Nel verde prato alla Fonte del Pino,
Dove se dice al Petron di Merlino.
Matteo Maria Boiardo, L’Orlando Innamorato. (1.1.27)
Il “pietrone di Merlino”, che un pannello poco distante ci dice essere un antico dolmen, datato in età neolitica, è il luogo che la tradizione locale ha associato al druido consigliere di Artù. La storia di Merlino nasce in Scozia e attraversa numerose tradizioni celtiche per approdare a Broceliande, dove, stando al Lancelot-Graal o Livre du Graal, opera del XIII secolo, Viviane imprigiona Merlino per sempre. Quando, nel 1483, Boiardo descrive il duello per la mano di Angelica, appare inevitabile ambientarlo in un luogo estremamente significativo per cavalieri senza macchia e senza paura: proprio la tomba dell’antico consigliere del grande re Artù (come non pensare al ruolo delle tombe degli antenati nella gestione degli affari dei guerrieri come ci viene proposto da Omero presso la tomba di Ilo, Iliade X, 414),
Profeta, ama te stesso
Concludo questa prima tappa del viaggio bretone con una riflessione proprio sulla morte di Merlino. Dicevamo che le versioni sulla sua tomba sono molteplici: Merlino è imprigionato in una grotta, in un albero, sotto una pietra… Ma resta invariata la dinamica tra lui e Viviane (o Nimiane o Nimue), per cui la bella allieva, di cui l’anziano mago è innamorato, gli gioca un brutto tiro e lo convince a mostrarle fino a che punto può la sua magia, lo convince a imprigionarsi. Merlino è innanzitutto un veggente, come può restare ingannato dalla giovane apprendista? Beh, forse il personaggio di Merlino è molto più profondo di quello che ci hanno abituato a pensare: le primissime testimonianze, dai lavori di Geoffrey di Monmouth (XII secolo) alle versioni gallesi o scozzesi del secolo successivo, ci parlano di un “matto”, Merlino bardo impazzito dalle visioni tragiche della guerra. Un uomo sensibile agli orrori della vita, che a poco a poco incarna il ruolo del consigliere saggio e spregiudicato, del figlio di Satana, salvato dal battesimo, ma che mantiene nella sua natura la necessità di stupirsi della vita e delle persone, di cadere perdutamente innamorato. Perciò, sì, Merlino sa che morirà, che resterà imprigionato per sempre, ma non può negare nulla alla sua amata, nemmeno la propria morte.
E noi, che siamo un po’ romantici come Merlino, preferiamo credere, anziché alla roccia che lo schiaccia, a una versione riportata nel Livre du Graal, secondo la quale Nimue costringe Merlino a risiedere in una torre di cristallo invisibile all’occhio umano: dall’esterno si vede solo una nebbia, Merlino invece resta nella torre e attende Nimue, che lo visita ogni notte…
L’apprendista cresce
Curiosamente, Giovanna Natalini propone poi un brano che ha segnato, per me, il taglio del cordone ombelicale di mia madre (per quel che riguarda le scelte musicali), perché il concerto per violino e orchestra di Beethoven è stata la prima scelta autonoma in fatto di musica: non lo avevo ascoltato in casa, ma in una pubblicità che promuoveva l’ultima incisione di Uto Ughi. Questo concerto ha parlato non più a mia madre, ma a me direttamente, e così sono andata a “La Fenice” a cercarlo e comprarlo.