“Al giorno d’oggi la gente conosce il prezzo di tutto e il valore di niente”
Oscar Wilde, “Il ritratto di Dorian Gray”
Quando vuoi condividere la conoscenza delle passate civiltà, cerchi sempre di scegliere l’argomento più affascinante e provi quasi sempre un “colpo di teatro”, che cambi la prospettiva di chi ti sta seguendo. Ma puoi stare certa che otterrai l’attenzione degli astanti soprattutto affrontando temi della vita quotidiana degli antichi: come trascorrevano la giornata, dove abitavano, cosa mangiavano, come si vestivano, ecc.ecc.
Un’idea brillante
Perciò l’idea di Giovanni Marginesu e del suo “Il costo del Partenone” è un successo annunciato (e in effetti già in ristampa, a pochi mesi dall’uscita). Giovanni è innanzitutto un amico, con il quale condivido ricordi intensi dell’avventura ateniese presso la Scuola Archeologica Italiana in odòs Parthenonos, ma a livello accademico è uno studioso attento e ben noto per i suoi studi epigrafici, soprattutto legati alla storia di Atene e alle vicende degli edifici dell’Acropoli: la sua capacità di indagare la storia attraverso decreti, rendiconti, liste di magistrati, è affascinante. Giovanni è in grado di fare, letteralmente, parlare le pietre, soprattutto se iscritte e con indicazioni onomastiche!
Questa sua ultima fatica si allontana dagli ambienti paludati dell’accademia e si offre a un pubblico più vasto, invogliando fin dal titolo: “Il costo del Partenone. Appalti e affari dell’arte greca”. L’agile libro, completo di appendici che ci fanno entrare nell’economia quotidiana di una famiglia ateniese del V secolo a.C., propone un’analisi che ancora non avevamo trovato così chiara nella miriade di pubblicazioni sull’arte e sulla storia greca antica: cosa significa organizzare e sovvenzionare un’opera pubblica? Quali sono le figure coinvolte, quanto vengono pagate e da chi? Chi ha interesse a promuovere l’arte, quale è il rapporto tra pubblico e privato?
Costo o prezzo?
Il libro è articolato in 4 capitoli, ciascuno propedeutico alla comprensione del successivo. Giovanni Marginesu costruisce la sua analisi come un mosaico e ci fa entrare sempre di più nella mentalità antica, quella che ha sentito la necessità di creare oggetti d’arte che ancora oggi ci lasciano a bocca aperta. Ma ogni considerazione passa attraverso la lente della transazione commerciale e quindi per l’autore è fondamentale stabilire innanzitutto quali costi hanno le singole voci e qual è il prezzo dell’opera d’arte finita.
Ciò che è costato tanto in termini di materia prima e di manodopera, però, può in effetti avere un prezzo inferiore a un’opera meno complessa, perché le regole che determinano i prezzi spesso non seguono quelle più concrete dei costi. Una serie di appendici alla fine del libro aiuta il lettore a orientarsi nel paniere ateniese del V e IV secolo a.C. e permette di comprendere quale fosse il potere di acquisto di una famiglia mediamente benestante e ovviamente anche quello di una polis, una città-stato. Appare chiaro, dunque, fin dalle prime battute, che l’arte ha determinato un “mercato” ben definito, fatto di spese vive e di prestigio, di nomi famosi e di richiesta di visibilità.
Uno dei tanti esempi concreti che il libro ci regala per meglio spiegare il complesso rapporto di arte, economia e politica, riguarda la celeberrima Afrodite di Cnido ed è tratto dal resoconto di Plinio:
Prassitele avrebbe creato due statue di Afrodite, l’una vestita e l’altra nuda e le avrebbe messe in vendita contemporaneamente. I Coi avrebbero avuto diritto di prelazione e, considerando che il prezzo fosse lo stesso, avrebbero preferito la dea austera e pudica. Agli Cnidi spettò invece la statua scartata. Essa ebbe tuttavia un destino glorioso. Il re Nicomede, desiderando acquistare la statua, promise di estinguere in cambio il debito cittadino. Gli Cnidi declinarono, perché ormai la fama della polis era legata indissolubilmente alla statua di Prassitele.
“Il costo del Partenone”, p.66
Nello scorrere le pagine dedicate all’analisi dei prezzi delle opere di arte antica ci accorgiamo di una cosa, per alcuni versi, incredibile: i vasi, i protagonisti dei musei più prestigiosi di tutto il mondo, quegli oggetti che hanno corrotto gli animi di storici dell’arte e di archeologi, diventando merce di scambio e oggetti di contrabbando, proprio quei vasi a figure nere o rosse, di impasto più o meno depurato e decorati con scene diventate icone del mondo antico, ebbene, i vasi erano di certo gli oggetti meno di valore che il mercato dell’arte potesse offrire. La pittura era invece l’arte regina e i dipinti potevano arrivare a costare cifre enormi. Esatto, proprio quella forma d’arte antica che non ci è stata conservata, se non su rarissimi pinakes oppure, di riflesso, grazie ai cartoni che circolavano, nelle ridotte dimensioni della decorazione di alcuni…vasi!
La torre di Babele
Tra le tante riflessioni contenute nel libro, che hanno catturato la mia attenzione, una in particolare mi ha fatto riflettere: la scelta di occuparsi del Partenone non è dettata unicamente dalla fama del monumento, ma è quella più ovvia se si vuole avere un quadro il più completo possibile dell’importanza della storia dell’arte nell’economia di una città (diremo meglio, di uno Stato, visto che si tratta di una polis greca). Il cantiere di un santuario, infatti, è un luogo in cui si riuniscono maestranze diverse, in cui si utilizzano diverse materie prime, e nel quale vengono utilizzati soldi pubblici, perciò acquista un chiaro valore politico. Culturalmente parlando è anche il luogo in cui si scambiano idee, lingue, usi e costumi: leggendo le parole di Giovanni ho pensato immediatamente all’episodio dell’Antico Testamento, che colloca la nascita delle lingue del mondo proprio in un …cantiere edile!
Perle
Il libro di Giovanni Marginesu nasce da un’esigenza concreta: colmare il vuoto dell’analisi del rapporto tra arte ed economia antica. Ma nel farlo, l’autore si lascia andare spesso in considerazioni profonde, che riguardano la materia a lui più congeniale: la storia greca antica, gli eventi quotidiani che preparano ai grandi avvenimenti.
Le grandi opere edilizie si situano in momenti preparatori alla guerra
“Il costo del Partenone”, p. 45
L’osservazione dell’autore è estremamente pregante: il Partenone come noi lo conosciamo e studiamo è il frutto di un preciso programma edilizio impostato da Pericle e dalla sua cerchia, nell’ottica di costruire l’immagine di un’Atene vittoriosa sui Persiani e sede del complesso santuariale più importante al mondo. Questa importanza è certamente misurata in valore artistico e in valore monetario: sulla collina dell’Acropoli si decide il ruolo dell’arte nel prestigio di una intera comunità. Una comunità che, proprio il giorno dopo aver completato la grande opera dell’Acropoli, si impegna nel conflitto che ne determinerà il destino ultimo: la Guerra del Peloponneso (431-404 a.C.).
Questo rapporto tra impegno edile e conflitto militare è rintracciabile anche altrove, per esempio a Rodi, sede del meraviglioso Colosso in bronzo dorato, protagonista di un interessante excursus in questo pamphlet.
L’affaire Partenone
Il centro del libro è ovviamente l’Atene periclea e le vicende che portarono alla ricostruzione degli edifici dell’Acropoli, tra il 447 e il 432 a.C. Dalle sabbie del tempo emerge l’affaire Fidia, l’architetto e scultore accusato di appropriazione indebita; dall’analisi di Marginesu si comprende che la questione dei finanziamenti fu estremamente complessa, costantemente monitorata, eppure utilizzata per strumentalizzare l’opinione pubblica. Forse una delle immagini più forti che emergono dal capitolo dedicato al Partenone è proprio quella della Parthenos che Marginesu si immagina solitaria, nella sua perfezione di marmo, quasi abbandonata all’interno del Partenone:
Creando il colosso, gli Ateniesi prelevano una porzione della loro ricchezza in argento e la trasformano, quasi per rallentarla. E la rallentano, trasformandola in oro e “incrostandola” in una statua.
“Il costo del Partenone”, p. 83
Conclusioni?
Dopo aver attraversato l’arte greca nelle vicende dei suoi protagonisti più noti e in quelle dei suoi artigiani, spesso dimenticati dalla grande storia, ci ritroviamo in un capitolo che problematizza quello che già ci era stato servito come estremamente complesso: il fenomeno del collezionismo antico. Giovanni Marginesu ci offre una serie di esempi, dal sacco di Corinto alle grandi manovre di Ottaviano Augusto, nei quali vediamo all’opera proprio ciò che è stato teorizzato fin dall’inizio: il rapporto tra arte ed economia.
Leggiamo dunque anche le conseguenze del mercato delle copie, estremamente fiorente, e ci incuriosiamo dinanzi alle testimonianze dei primi casi di turismo culturale, alla scoperta di luoghi ma anche e soprattutto di statue: l’Afrodite di Cnido, già ricordata, ma anche l’Eros di Tespie, Efeso con le riproduzioni del tempio vendute ai turisti e il Colosso di Memnone in Egitto, la statua “parlante”.
Infine, giunto il momento di tirare le fila del discorso, Giovanni Marginesu svela le sue carte migliori, quelle della riflessione e del parallelo con i tempi moderni:
l’arte diventa lo spazio in cui si realizza un meccanismo di allocazione di risorse che la comunità produce in avanzo. Esse vengono spostate su altri piani rispetto a quello delle necessità quotidiane, ed elevate su dimensioni come quella sacra (…) o quella della memoria collettiva (…)
“Il costo del Partenone”, p.103
Nelle ultime pagine viene poi ripreso l’esempio del quadro: un oggetto artistico nella cui valutazione risulta essenziale l’elemento fiduciario. Il valore del quadro non risiede nella sua materia, ma scaturisce dal valore funzionale, vincolato al contesto civico e ideologico. Con il quadro l’arte supera un limite e si sgancia dalla dimensione materiale, per abbracciare la dimensione della convenzione.
Ecco, quindi, il punto di arrivo del libro e quello di partenza delle nostre riflessioni di lettori:
L’arte intrattiene una relazione ancestrale e insospettabile con la moneta. Entrambe (…) ambiscono a realizzare la creazione di oggetti che siano mezzi di scambio, unità di conto e veicolo del valore. Entrambe basano la loro funzione sulla regola della convenzione.
“Il costo del Partenone”, p. 104
La nostra lettura è arrivata alla conclusione, ora sta a noi utilizzare questo agile libro per comprendere meglio il pensiero degli antichi riguardo alla produzione artistica, per seguire le tappe che hanno determinato la storia dei più importanti monumenti dell’antichità, e infine per riconoscere nella società contemporanea gli stessi meccanismi che creano l’arte, la presentano al migliore offerente e definiscono la distanza tra conoscitori e appassionati, tra ricchi e poveri.
Giovanni Marginesu Il costo del Partenone Salerno Editrice, 168 pagine 15€