Alla National Gallery di Londra è esposto un dipinto di Turner che colpisce per dimensioni e soggetto: ti fermi a fissarlo e per un attimo hai la sensazione che il mare ti stia risucchiando…oppure sono le tenui figure sulla destra, ninfe del mare, che ti stanno tirando dentro le torbide acque, chiedendoti insistenti di aiutare Leandro, che sta affogando.
Un romanzo alessandrino
Quanto è famosa la storia di Ero e Leandro? E soprattutto: quando l’ho letta la prima volta? Memorie dal Mediterraneo che si perdono nei meandri della curiosità personale. Così recupero qualche informazione e ricostruisco un palinsesto che emerge dalle acque di una letteratura alessandrina, dunque ellenistica, che ama tessere trame complesse attorno a semplici storie d’amore. Ma di quella prima stesura abbiamo perso le tracce ed è come sempre Ovidio che ci viene in aiuto.
Nella serie di lettere d’amore che egli immagina scritte da personaggi del mito, non mancano Ero e Leandro. Dalle appassionate parole dei due amanti si capisce che il loro amore è illecito, soprattutto – ironia della sorte – secondo la legge di Venere, della quale Ero è sacerdotessa. Inoltre è complicato dalla distanza di un braccio di mare particolarmente difficile da attraversare: l’Ellesponto, o “mare di Elle”, qui morta mentre cavalcava con il fratello il vello d’oro verso la Colchide, solcando le nubi e cadendo nei gorghi. Leandro deve attraversare l’Ellesponto a nuoto ed Ero lo aspetta: non sempre le condizioni del mare sono agevoli e nelle notti in cui non si possono incontrare, la donna è preda di dubbi laceranti. La luce che Ero accende dalla sua torre a picco sul mare funge per Leandro da faro e lo guida attraverso le onde.
Una storia bizantina
Ciò che le lettere di Ovidio non menzionano lo ritroviamo qualche secolo più tardi, nell’opera di Museo Grammatico, un autore bizantino vissuto tra IV e V secolo d.C. Egli descrive puntualmente la vicenda: Ero è una sacerdotessa di Afrodite e abita a Sesto, cittadina del Chersoneso Tracico. Durante una celebrazione in onore di Afrodite e Adone, un cittadino di Abydos, sulla costa della Troade, di nome Leandro, giunge in città e si innamora di Ero al primo sguardo. La ragazza ha fatto un voto di castità, consacrandosi alla dea, così, quando il giovane torna, nottetempo, e si introduce nelle sue stanze, nell’alta torre a picco sul mare, le schermaglie amorose prolungano non di poco l’atteso abbraccio. Ero si lascia affascinare da Leandro e i due cominciano una relazione clandestina: la sera lei si affaccerà con la sua lampada a rischiarare il tratto di mare e guidare Leandro. Trascorsa la notte insieme, egli riprenderà il mare per rientrare ad Abydos.
I due amanti godono qualche notte di puro idillio e struggimento, finché giunge la notte maledetta, quando Leandro viene travolto dalle onde dopo poche bracciate. Ero assiste impotente alla tragedia dall’alto della sua torre e da qui si uccide, gettandosi disperata sugli scogli.
Il fascino della storia d’amore
La vicenda di Ero e Leandro sembra inserirsi in una lunga tradizione di amanti sfortunati, cantati da poeti particolarmente dotti, tanto da incorniciare l’incontro tra i due in una celebrazione di Afrodite e Adone, l’amante della dea dell’amore morto anzitempo, una finezza.
Ma qui vorrei concentrarmi su Turner e sul fascino che questa storia ha avuto su di lui, per portarlo a dipingere il momento culminante della tragedia. In ambito inglese, la storia di Ero e Leandro fu narrata da Christopher Marlowe, celebre poeta cinquecentesco: Marlowe immagina un dialogo tra gli amanti, poco prima della fatale traversata. Shakespeare citerà il poema dell’amico in As you like it e Chapman lo completerà, nella convinzione che Marlowe volesse narrare l’intera vicenda, fino alla sua tragica conclusione.
Forse proprio il fatto di essere entrato a far parte della tradizione per la penna di un poeta tanto illuminato e seguito, ha reso il mito di Ero e Leandro particolarmente interessante agli autori del Romanticismo inglese. Il quadro di Turner è del 1837 e noi possiamo rintracciare almeno cinque celebri versioni poetiche: Byron nel 1810, Keats nel 1817, Leigh Hunt nel 1819, Thomas Wood nel 1827 e Alfred Tennyson nel 1830.
Il poeta che fece l’impresa
La pagina che la National Gallery dedica all’approfondimento sulla storia del quadro ci informa dello stretto legame tra Turner e Byron. Dunque è stato soprattutto l’esempio del poeta filelleno a influenzare l’artista della luce; Byron non si limita a scrivere dei due amanti ma, con un paio di amici, compie un’impresa eccezionale: attraversa a nuoto l’Ellesponto, novello Leandro. E poi compone un sonetto a commento di quella eroica traversata, chiedendosi come mai nessuno dei commentatori del testo antico avesse mai provato a vedere se i fatti narrati fossero …verisimili!
L’arte di dipingere poemi
Quella di Turner è la stagione dei pittori che creano di concerto con i poeti: quanti sonetti di Keats, quanti poemi di Tennyson, hanno trovato i colori sulle tele dei Preraffaelliti! Dante Gabriele Rossetti, primo della Confraternita, accompagna quasi tutti i suoi quadri con poesie scritte di suo pugno; Turner non è da meno e decide di corredare il quadro di alcuni versi per sottolineare il momento culminante di questa tragica storia d’amore.
Architetture fantastiche e dove trovarle
Osservo il quadro e rimango incantata dinanzi alla potenza della luce di Turner. Il destino di Leandro è avvolto dalla notte, ma a destra, la città di Sesto, con la torre da cui Ero illumina il mare, è circondata da una luce dorata, forse l’alba che sta sorgendo per l’ultima volta.
Eppure, quell’insieme di edifici mi sembra ricordare qualcosa a me ben noto… è un attimo: scorgo l’ingresso occidentale all’Acropoli di Atene, i Propilei. E mi chiedo se Turner non avesse in mente proprio quelle rovine, per rendere monumentale e molto greco a un tempo lo scenario evocatore. In fondo, Ero è una donna trace, quanto di più lontano dalla Atene classica. Ho fatto un breve giro di valzer tra acquerelli e dipinti dei Propilei dell’Acropoli nell’800 e ne ho selezionati due:
E così, dopo una notte di luna, al sorgere di un’alba tragica, Leandro scompare nei flutti abbracciato da mille Nereidi, mentre Ero guarda attonita e luna e sole si sfiorano per un attimo, contemplando il destino dei due amanti.
Io resto dentro il quadro un altro po’ e mi incanto a pensare alla forza di Atene di entrare nell’immaginario del pittore; penso ai pionieri di un’archeologia fatta di testi prima ancora che di resti. Rivolgo un silenzioso omaggio a Byron e alla sua voglia ostinata di diventare un eroe greco, ma passando attraverso l’identificazione con il mito.