Palazzo o monastero? Ancora deve deciderlo, nel frattempo Palazzo Moraschi mi accoglie con una copia del Vangelo (sì, al singolare, ma li conta tutti) sul comodino; uno scambio fugace con la Madonnina impalata sul muro – quasi un compromesso con il Crocifisso – e direi che si sono riusciti a farmi sentire a disagio!
D’accordo, per questo breve soggiorno eviterò le brutte abitudini.
D’accordo, chiamatemi “pellegrina di San Benedetto“, io penserò alle rondini, voi mi guarderete benevoli anche se sono una donna che viaggia da sola.
Attorno a me, tutto parla di Chiesa. Quella ecclesia che, forse, Benedetto cercava di aggirare con una “regola” che lo faceva sentire più al sicuro, dalle tentazioni del mondo.
Oggi è tutto un rimando alla religione di Gesù e di sua madre.
Il paese, poi, è bardato a festa, perché il 14-15 e 16 agosto sono i giorni della “Inchinata“.
Una tradizione di Tivoli e di Subiaco: accomunati eppure divisi dalla stessa festa, che fa inchinare le immagini del Salvatore e di sua madre. Immagini che percorrono i vicoli medievali dei due borghi e si inchinano l’un l’altra grazie alla forza di venti (quattro) braccia dei 12 simil-Apostoli.
A Tivoli la processione è del solo Salvatore, che “bussa” a casa della Madonna delle Grazie. A Subiaco le due immagini percorrono itinerari diversi ma alla fine si incontrano: il fulcro della manifestazione è Santa Maria della Valle, la chiesa proprio sopra il “mio” palazzo-monastero.
E una volta arrivata davanti alla sua chiesa, l’immagine della Madonna viene fatta passare attraverso la porta: una operazione di equilibrismo, a cui resta appesa tutta la fede degli astanti. Trattengono il respiro e guardano i 12 uomini piegarsi, passare, poi rialzarsi. Un applauso libera la tensione, anche per quest’anno la fede è salva e Maria può continuare a intercedere per noi.
Sshh, ora riposa, Maria. Circondata di luce, dentro una chiesa spoglia. Assiste, docile ma non complice, allo sgretolarsi della nostra società.