Quella che voglio raccontare è una favola da leggere nel giorno dell’Epifania.
In fondo, questo Magio al centro dell’arazzo di Burne-Jones, non sembra un po’ un cavaliere, prestato al Presepe solo il tempo necessario di riprendere fiato, ma già con il pensiero al suo prossimo drago?
Quest’anno ho deciso di cercare draghi, di ogni forma, colore e origine; ma cosa sarà poi un drago? Come lo riconoscerò?
La domanda non è peregrina, perché la definizione di drago non è così chiara: per il momento mi accontenterò di cercare una creatura gigantesca, dal lungo corpo serpentiforme, grosse ali da pipistrello, quattro zampe tozze (quelle anteriori piccole come quelle di un T-Rex) e una serie di scaglie e corni sulla testa e sul collo. Dalla bocca dovrà sputare fuoco, mentre gli occhi me li immagino di un colore ambrato, allungati (amigdaloidi sarebbe perfetto! Ma si tratta di una mania da storica dell’arte antica) e dalla pupilla sottile, una fessura come gli occhi felini, che si allarga man mano che la luce diventa fioca.
Quale drago potrei mai incontrare la notte dell’Epifania?
Ebbene, io uno l’ho trovato, ha un nome greco-romano e si chiama: Chrysophylax Dives, ovvero “Guarda-oro il Ricco“.
Si tratta di un drago famoso, perché è il protagonista di una storia di J.R.R. Tolkien, il “padre” del Signore degli Anelli e dello Hobbit. Tolkien ha immaginato un mondo antico con una Terra di Mezzo che resta quasi incastonata nei diversi livelli della nostra fantasia.
Quel che ho sempre amato in Tolkien è la grande capacità di scendere nel profondo delle tradizioni e credenze e mitologie celtiche (ma non solo) e trarne, con abilità da antropologo e storico, un mondo in cui si riconoscono i temi portanti dell’eroe, del re guaritore, della lotta contro il male, della magia di Frazer ecc.ecc.
Ebbene, nel 1949 Tolkien – che era all’epoca professore di lingua e letteratura inglese a Oxford – pubblica il racconto “The farmer Giles of Ham“, Giles fattore di Ham, noto in italiano anche come “Il cacciatore di draghi“.
Il racconto è ambientato nella Britannia di fine impero romano: i nomi dei protagonisti vengono dati in latino e poi tradotti nella “lingua volgare”, così Giles, in realtà, si chiama Ægidius Ahenobarbus (dalla barba color bronzo) Julius Agricola de Hammo. Il re del Regno di Mezzo è
Augustus Bonifacius Ambrosius Aurelianus Antontus Pius et Magnificus, dux, rex, tyrannus, et basileus Mediterranearum Partium
proprio una titolatura degna di un Imperatore romano.
Il cane di Giles si chiama Garm, nome che ricorda un personaggio della mitologia nordica.
Infine, la spada che balza fuori dalla guaina non appena avverte la presenza di un drago si chiama Caudimordax, che Tolkien traduce in Tailbiter, cioè Mordicoda.
Insomma, un’invenzione ricca di riferimenti letterari, che ci porta in quell’epoca di passaggio dalla gloria romana alla nascita di nazioni forse barbare, di certo ribelli proprio a quella gloria.
Non vi voglio rovinare il gusto di leggervi il racconto, che è molto ironico e surreale e che vede Giles diventare eroe quasi senza volerlo. La furbizia è la chiave e, si sa, i draghi sono molto furbi. Amano contrattare più di quanto non amino bruciare e distruggere!
Quindi, cercate e godetevi Il cacciatore di draghi nella versione italiana.
Oppure leggete quella inglese a questo link: The farmer Giles of Ham
Noi però continuiamo la nostra notte alla ricerca di draghi. Dicevamo che Chrysophylax Dives si imbatte in Giles e nel villaggio di Ham proprio nel giorno dell’Epifania. Per gli anglosassoni, la notte tra il 5 e il 6 gennaio è la Dodicesima Notte, a partire dal Natale, e segna la fine delle feste natalizie. Una notte speciale, dunque.
Durante quella notte, gli abitanti di Ham confezionano per Giles un’armatura artigianale, fatta di anelli di ferro cuciti su un panciotto in cuoio, e di un elmo in metallo e uno scudo di legno. L’arma, lo abbiamo detto, è la celebre Caudimordax, una spada capace di combattere da sola contro un drago!
Proprio il nome della spada mi porta a parlare di una prelibatezza che, nel Regno di Mezzo, veniva consumata a Natale: la coda di drago. All’epoca di Giles e Chrysophylax ormai non si cacciano più i draghi per le loro code e i cuochi hanno elaborato una ricetta alternativa: una torta fatta di pasta di mandorla e zucchero, e sagomata come una coda di drago.
Recentemente mi sono imbattuta in un libro di ricette… di draghi! “Cucinare draghi” di Marco Caldarola.
Prendiamo quella di una
Coda di Viverna alla brace
con salsa di prugne e cavolo cappuccio in agrodolce
(leggetela dalla pagina in alto a sinistra in senso orario)
Bene, direi che ci siamo: abbiamo un (anti)eroe, un drago furbo, una corte affamata, una coda cucinata.
Mancherebbe il tesoro che – si sa- il drago custodisce gelosamente!
Possiamo lasciarci ispirare dal drago Smaug, sempre tolkeniano, oppure risalire indietro nel tempo e arrivare al drago che custodisce le mele delle Esperidi, secondo alcuni delle mele d’oro.
Il nome Chrysophylax serve proprio a dare l’immagine di un grosso serpente alato (nel testo inglese viene spesso chiamato, in modo spregiativo, Worm, un verme volante) che fa la guardia al proprio oro.
Mentre milioni di nasi saranno puntati verso l’alto a scrutare l’arrivo di una vecchia sulla scopa, noi addentriamoci nella brughiera inglese e raggiungiamo le montagne oscure; guardiamo verso la cima di quelle più aspre e aspettiamo di cogliere il bagliore di fiamme: sono i giovani draghi impegnati in qualche scaramuccia. Evitiamo le loro fauci e troviamo una grotta, profonda. Laggiù scorgeremo il tesoro che ci aspetta, ora non ci resta che contrattare con il suo legittimo proprietario!