Metti un pomeriggio a Londra e una visita “in extremis” all’Abbazia di Westminster.
A Firenze amiamo dire che Santa Croce è il pantheon degli Italiani, perché la chiesa è celebre (e celebrata) non tanto per i divertimenti di Giotto o per un Donatello, artista “annunciato”, quanto per i sepolcri dei più importanti artisti, scienziati, musicisti, ecc. del genio italiano.
Poi si arriva a Westminster, e la sensazione è decisamente simile. Con la differenza che qui – a Londra – le foto sono assolutamente proibite.
Ciò che è concesso è camminare in silenzio perché impegnati ad ascoltare l’audioguida d’ordinanza, che in brevi ma illuminanti parole ripercorre la storia della città, forse dell’Inghilterra intera, dal momento che deve illustrare le decine, anzi centinaia, di tombe di famiglie reali, politici, poeti, artisti, scienziati, esploratori, letterati, ecc.ecc.
Io ho scelto di non prendere l’audioguida (ma la prossima volta lo farò di certo), e lasciarmi trasportare dalla curiosità e dallo spirito di osservazione. Così mi è capitato di imbattermi nella lapide di Darwin, in quella di Livingstone!! (ehm, ovviamente non il gabbiano…) e di scrutare ogni minimo anfratto, con l’eccitazione di un’Alice nel Wonderland un poco macabro di quella selva di sepolcri.
Intorno a me, decine di persone, attaccate all’audioguida, vagavano composte seguendo i ritmi della spiegazione registrata. Sembravano tanti Paolo e Francesca, portati via da un vento di parole, in un girone dantesco.
Mi sono subito diretta nell'”angolo dei poeti“, vale a dire quel ritaglio di transetto dove si sono ritrovate, in una sorta di circolo (oltre)mondano, le menti più brillanti del firmamento letterario inglese. Mi ha decisamente commosso intravedere la piccola lapide di Jane Austen tra la statua di Wordsworth e il monumento a Shakespeare. Ma sono rimasta anche colpita da Laurence Olivier, un grandioso Antonio (tra gli altri), che giace – è il caso di dirlo – ai piedi del Bardo.
Margot Fonteyn, che tanto mi ha fatto sognare da bambina, non me l’aspettavo proprio. E poi la sensibilità di porre Dickens e Kipling l’uno accanto all’altro!
Sono sicura che se mi capitasse di fare un corso anche piccolo di letteratura inglese, cercherei di organizzare una lezione qui, a Westminster, perché è davvero un compendio eccezionale…e tanti altri potrei citare .. non ultimo Lord Byron, of course!
Finito il momento di contemplazione letteraria, sono tornata nella bolgia, per completare il giro attorno all’abside e nelle cappelle adiacenti.
La sensazione principale che mi ha assalito, mentre mi incuneavo tra i monumenti di pietra e gli stretti ambulacri lasciati per agevolare il passaggio, è stata quella di “ingombro“: quelle tombe sono ingombranti. La pietra con cui sono fatti i sepolcri e le figure che spesso ritraggono vestito di tutto punto il defunto, rappresentato sdraiato a mani giunte e, con un tocco davvero lugubre, a occhi aperti, non ispirano armonia e arte, ma pesantezza e impaccio!
Curioso che i “residenti” siano tutti membri di famiglie reali e nobili, sembra proprio che anche dopo morti non abbiano rinunciato a marcare la loro presenza.
Ma tutto questo “ingombro”, tutto questo volume e la presenza di una massa in perpetuo movimento nella chiesa stracolma di…mobili, mi hanno spinto a una riflessione, da non religiosa quale io sono: è possibile avvertire lo spirito religioso in un luogo come Westminster?
Proprio mentre facevo questa riflessione, è accaduta una cosa secondo me bellissima.
Una voce di vecchino gentile si è diffusa da un punto imprecisato sopra le nostre teste. Con fare pacato ci ha salutato e ci ha chiesto di fermarci, un attimo, lì fermi in piedi dove ci trovavamo.
Ha continuato dicendo che, per quanto felice di vedere tanti interessati all’Abbazia, doveva ricordarci che quello era nato come luogo di preghiera. Perciò ci ha invitato a unirci a lui in un rituale vecchio di secoli: una preghiera a Dio. In poche parole (il tutto sarà durato un paio di minuti al massimo) ha ringraziato Dio per ciò che ci concedeva, gli ha ovviamente chiesto di continuare così.
Quindi, dopo averci ringraziato, ci ha detto di riprendere pure la nostra visita.
Un effetto davvero eccezionale: per un paio di minuti il vortice si è fermato, quindi è ripartito (ovviamente qualcuno se ne è fregato, accanto a me, manco a farlo apposta, un paio di gruppi di italiani hanno “approfittato” per sguisciare meglio tra i turisti).
E io non ho potuto fare a meno di pensare che…era giusto così. Non si può pretendere che quello sia un luogo di preghiera, come una piccola chiesetta di campagna. Ma la tecnica utilizzata ha avuto un effetto benefico e interessante. Mi chiedo se non possa essere applicata anche in Italia e mi viene in mente un posto in particolare..
… la CAPPELLA SISTINA! Dove scorbutici “assistenti di sala” urlano SILENZIO! ogni poco, a visitatori spauriti e stanchi, alla fine di un tour de force attraverso i Musei Vaticani.
Pensiamo a come sarebbe bello se, invece di SILENZIO, si suggerisse un momento di raccoglimento.
Molto interessante e coinvolgente , la mia prossima volta londinese non mancherò di seguire i suggerimenti sperando anche di condividere momenti speciali di raccoglimento ed emozione. Grazie
Grazie a lei!
Non me lo aspettavo, devo essere sincera. Eppure il mio lavoro mi porta ad accompagnare molto spesso gruppi nelle chiese più importanti di Firenze, Roma o Venezia… da nessuna parte ho trovato la stessa gentilezza. Da noi si tende a essere infastiditi dai turisti, eppure li abbiamo richiamati noi (in un certo senso) e non credo che potremmo accogliere di buona grazia il vederli scegliere altre mete.
Davvero, spero che un giorno la gestione della Cappella Sistina (almeno di quella) cambi.
Molto interessante, grazie cercherò di ricopiare l’esperienza.