Eccolo maggio pian pian pian piano
con l’acqua in grembio e lle mezzine in mano
– e bene venga maggio, e maggio ll’è venuto –
Era una notte… bella e luminosa! Via Larga risplendeva della luce riflessa dal Palazzo dei signori Riccardi.
Tutto era pronto per accogliere due ospiti d’eccezione: l’Arciduca Ferdinando d’Austria, Governatore di Milano, e l’Arciduchessa sua consorte Maria Beatrice d’Este, naturalmente non da soli, ma con i Granduchi Pietro Leopoldo e Luisa, Granduchessa e Infanta di Spagna, nonché l’Arciduca Francesco loro figlio primogenito.
Una festa in pompa magna, nel bel mezzo di Firenze, a pochi passi dal Duomo, nel palazzo che era appartenuto alla famiglia Medici: progettato da Michelozzo nel Quattrocento, un esempio di architettura tra i più eminenti, il Palazzo di via Larga era stato venduto ai Riccardi nel 1659 e ora, in questa sera di maggio del 1780, si apprestava a vivere uno degli ultimi momenti di gloria, infatti i Riccardi lo avrebbero venduto al demanio nel 1814.
Eccolo maggio, fa fiorì lle zucche,
date marito alle belle, datelo anche alle brutte
– e bene venga maggio, e maggio ll’è venuto –
Della festa di quel 21 maggio parlarono non solo tutti i fiorentini, ma anche le cronache dell’epoca… i Riccardi non volevano badare a spese! Famiglia curiosa, quella dei Riccardi: da sempre presenti accanto ai Signori di Firenze, in qualità di consiglieri di Stato, avevano un albero genealogico alquanto eterogeneo. C’erano uomini d’affari, altolocati, studiosi e collezionisti, e poi, naturalmente, quelli come Giuseppe, che amavano vivere nel lusso e circondarsi di bellezze costose. Mentre gli zii cercavano di tamponare le spese sempre più ingenti, Giuseppe meditava di organizzare una festa memorabile… e in effetti ci riuscì!
Gli invitati seduti alla tavola imbandita erano 27, tutti nobili e aristocratici che accoglievano gli Arci e Granduchi austriaci: i Pandolfini, i Ricasoli, gli Strozzi, i Corsini, e così via.
Ma i biglietti di invito stampati furono 1800 e Giuseppe voleva che, dopo la cena, il Palazzo rimanesse aperto a chi volesse visitare le stanze magnificamente decorate, proprio come una sorte di “notte al museo” contemporanea.
E piano piano avvicinar mi voglio,
quei giovani belli salutar li voglio.
E piano piano ci avvicineremo,
quei giovin belli li saluteremo.
I documenti di archivio ci permettono di ricostruire numerosi dettagli dei preparativi di quella serata e del suo svolgimento: abbiamo infatti un elenco minuzioso delle maestranze coinvolte e di quanto fu pagato ciascuno di loro, dal “nolo di abiti serviti ai sonatori dell’Orchestra e per la festa di ballo, oltre alla mancia data ai sette uomini che vennero a vestire tutti i sonatori”, a “per fiori assortiti di più colori e foglie; per la mettitura di fiori; per il filo di ferro impiegato per la legatura di dozzine di fiori e fogliame”; dal nolo delle stoffe di Damasco, all’acquisto di mazzi di carte, e così via.
Lo svolgersi del ricevimento viene seguito passo passo e così la cronaca si fa quadro antico:
Furono ammessi tutta la nobiltà con invito pubblico al Casino e una quantità di cittadini e uomini e donne con invito particolare a Biglietti e con la libertà della Maschera.
Fu aperto tutto il primo piano composto da 32 stanze, tra cui due Sale, una stanza dei bassorilievi, un’altra a stucchi, un’altra a galleria, un’altra a libreria, sette di velluti, tre di quadreria, quattro di arazzi, quattro di damaschi, ricetti e quattro gabinetti.
Fuori nella strada, sia dalla parte di via Larga che di via dei Ginori furonno posti negli anelloni di ferro tante torce a vento per illuminare la strada per il comodo di carrozze e pedoni. Le carrozze dovevano venire solamente di via Larga dalla parte di via dei Martelli e tornare dalla parte di San Marco (…)
Alla porta principale di via Larga vi erano, oltre a due sentinelle, quattro staffieri a livrea con quadro in mano, due ufizziali di teatro e di casino per riconoscere i biglietti e la nobiltà ammessa al Casino e una maschera in osservazione.
Era ovviamente una festa danzante e ben due sale da ballo accoglievano i numerosi partecipanti, in una era sistemata l’orchestra:
il Palco per l’Orchestra fatto costruire dalla Casa Riccardi per tali occasioni (…) Sull’orchestra vi erano 43 strumenti, i professori dei quali erano stati vestiti alla croata di seta a più colori con tracolle, fusciacche e cappello.
In questa atmosfera sfarzosa e a passo di danza, dobbiamo immaginare un via vai di persone, i cosiddetti “uomini neri“, vale a dire i camerieri e il personale della servitù: lacché, palafrenieri, ecc. Seguiamoli nei loro andirivieni e scopriamo dove scompaiono, tra un servizio e l’altro.
Come in una Downton Abbey nostrana, esiste un “piano di sotto”, fatto di stanze, stalle, cucine, laboratori di pasticceri, dispense e credenze. In questo vero e proprio labirinto si aggira il personale di servizio che, in occasione della festa in questione, venne più che raddoppiato:
Oltre la copiosa servitù, et ufizialità della casa Riccardi, furono presi ancora 93 uomini neri di fuori, quasi tutti di servizio di altre case nobili
Data l’importanza degli ospiti presenti, furono chiamati ben 45 militari, tra soldati semplici e caporali, per il “servizio di sorveglianza”, inoltre fu necessario prendere
altri 30 uomini per la lavorazione di gelati, et altri 10 uomini in aiuto alle cucine,
In totale si contano ben 250 persone, che si incrociavano in un complicato minuetto. I resoconti ci parlano ovviamente anche del menu selezionato per gli invitati d’onore, ai quali non fu fatto mancare il latte “appena munto“, da una mucca fatta arrivare per l’occasione dai possedimenti dei Riccardi in via Valfonda. I vini serviti furono di ben 35 tipi, e la tavola imbandita vide avvicendarsi, nell’ordine:
sei terrine con zuppe, le quali di poi furono rilevate con altri sei piatti di arrosti e tra i quali due gran piatti di ortolani (?) assai rari nella corrente stagione e altri diciotto piatti tutti coperti con campane d’argento, tra i quali alcuni di magro e in specie di storione, con altri piatti di ostriche. Terminata la portata dei caldi, con grande destrezza fu bandita e dispedita la tavola e immantinente ricoperta di nuovo servizio di porcellane con posate dorate e di biscotterie nobili, frutte gelate e frutte fresche tutto scelto e di preziosa qualità col quale ebbe fine la mensa
Gli invitati cominciarono ad arrivare alle nove di sera, ma la cena venne servita intorno alle undici e mezza. La festa finì alle quattro del mattino, perché, naturalmente, dopo la cena (ricordiamoci, preparata esclusivamente per i 27 convitati d’onore), il ricevimento continuò con danze e giochi di carte e intrattenimenti vari.
Tavolini da gioco: 22 erano i tavolini sparsi in tutte le stanze per uso di gioco con attorno otto sgabelletti e con gli arredi necessari per i giochi, cioè con le fisce, ma non con le carte che le custodiva l’uomo che guardava la stanza e che teneva ordine a non dare le carte ad altre persone che alla nobiltà per rendere la festa più nobile e brillante
Ma seguiamo uno dei cosiddetti “uomini neri” e lasciamo i nobili, gli aristocratici e la gente del popolo che per una notte vuole sognare in grande. Seguiamo il nostro lacché e vediamo cosa accade nei “piani bassi”, cosa viene offerto al personale di servizio, mangiano qualcosa anche loro?
Ebbene sì, e ne abbiamo testimonianza dalle stesse relazioni della festa:
fu data cena d’un piatto in umido, un galletto arrosto, et una pasta frolla al testa con pane, e vino, e paoli 10 per ciascuno è parimente fu data cena a 45 soldati per servizio delle sentinelle consistente in galletto arrosto, una pasta frolla, et una grossa fetta di salame, con pane e vino e paoli due per ciascuno con il doppio ai caporali e sergenti (…)
Ecco, soffermiamoci su questo particolare della cena “sotterranea” e leggiamo ancora:
A questo fine furono aperte due cucine, una per la cena dei Reali Arciduchi, altra sotterranea per le persone di servizio, alle quali fu assegnata una stanza terrena contigua per le dette cene che facevano a brigate per non lasciare il servizio e alla quale assisteva il Canoviere della Casa con altri uomini per apparecchiare e sparecchiare con una sentinella perché non si rendesse tumultuosa dall’altra servitù (…)
Proprio i resti di questa seconda cucina sotterranea sono oggi visitabili a Palazzo Medici Riccardi.
Gli scavi condotti dalla società B&P Archeologia hanno messo in luce diversi ambienti al di sotto dei cortili del Palazzo e quindi è possibile riconoscere non solo l’antico forno, ma anche le stalle medicee, poi trasformate in laboratori di pasticceria, e i diversi pozzi cui si attingeva l’acqua necessaria per i diversi servizi svolti nel sotterraneo. Non mancano sorprese interessanti come le vestigia di tombe tardo antiche e, spingendoci ancora più in basso rispetto alle fondazioni michelozziane, la probabile villa di un medico, cittadino di Florentia, la colonia di età romana.
Le visite saranno possibili nelle seguenti date:
venerdì 1 gennaio 2 visite negli orari 15.00 e 16.00
lunedì 4 gennaio 2 visite negli orari 11.00 e 12.00
mercoledì 6 gennaio 3 visite negli orari 10.30, 11.30, 12.30
venerdì 8 gennaio 2 visite negli orari 11.00 e 12.00
lunedì 11 gennaio 2 visite negli orari 11.00 e 12.00
lunedì 25 gennaio 1 visita negli orari 11.00
e il valore aggiunto di queste visite sta nel fatto che a condurvi per mano attraverso quasi venti secoli storia fiorentina sarà proprio l’archeologa che ha condotto gli scavi: Carlotta Bigagli. Dunque, non lasciatevi sfuggire un’occasione davvero speciale e lasciatevi tentare dalle suggestioni del Palazzo e dei suoi sotterranei!
La prenotazione non è obbligatoria, ma il consiglio è di chiamare prima per essere certi di non perdere il turno di visita: http://www.palazzo-medici.it/ita/info.htm 055 2760340
Dopo la festa il marchese Riccardi acconsentì a far visitare il suo Palazzo a chiunque indistintamente e si presentarono al,palazzo ben 30.000 persone.
Prodigiosa e più rimarchevole sopra tutti i prodigi si può segnare la presente festa, poiché tanto nella molteplicità delle maestranze e per i preparativi che nella sera della festa, in cui si contavano sopra trecento persone di servizio e sopra quattromila persone ammesse alla festa medesima, con un innumerabile popolo nei due giorni successivi della mostra; non è seguito nessun benché minimo disordine.