Nella foresta verde di bronzi patinati spunta un pezzo di eccezionale forza evocativa: un pugile seduto su una roccia.
I muscoli sono ancora in tensione, come se si fosse appena seduto dopo l’incontro. La testa è rivolta verso destra e leggermente alzata, così da offrire a chi guarda l’orecchio gonfio dai tanti incontri. La brusca torsione del collo ha provocato la caduta di gocce di sangue sulla coscia, e anche il viso è solcato da rivoli amaranto, del sangue rappreso. I gomiti poggiano sulle cosce, mentre le mani, avvolte dai guantoni (vari strati di pelle e pelo), sono in riposo.
E’ solo questa torsione del collo che tradisce un’emozione … ma quale?
Gli occhi son persi, al posto delle pupille solo due orbite vuote. Le sopracciglia disegnano un’espressione indecifrabile: stupore, disappunto, stanchezza, disperazione, rabbia?
Il gluteo bronzeo sulla fredda pietra sembra solo appoggiato, forse pronto a scattare in piedi, oppure si è davvero appena seduto.
Il naso schiacciato aggiunge un ché di patetico all’espressione di questo pugile “stonato“…
“No, io non vi capisco. Cosa dite?
Ho vinto? Cosa volete da me, ancora?
Ho perso? Con chi? Per cosa?No, io non vi capisco. Ombre siete per me, solo ombre. Vi dimenate nel sole e probabilmente state urlando il mio nome. Ma io ho smesso di ascoltarvi. Ho smesso anni fa.
Chi sono io per voi? E voi per me…soldi, fama, dolore, sudore, polvere, gloria.. una statua, magari di bronzo.
Vi accanite attorno a me e al mio avversario, non sapete nemmeno voi per chi fare il tifo, a meno che non ve lo venga a dire il solito traffichino, uomo da nulla, atleta mancato, che cerca di spillarvi i soldi delle scommesse.No, è inutile che urliate tanto. Io non vi sento, oppure non vi ascolto.
Queste mani, un tempo costruivano barche, piallavano il legno e lo piegavano ad arte. Poi una tempesta ha spazzato via il lavoro di una vita e così i miei muscoli sono stati presi e usati, come carne senza senso, senza uno scopo vero. Solo dolore, polvere, sangue, e poi gloria, fama oppure una bella risata. Tanto io non vi sento.Per voi sono Eracle, oppure sono Mys, il pugile sfigato, a volte potrei essere Amico o il suo avversario Polluce. Nemmeno voi sapete più il mio nome, dunque, perché ascoltarvi? Cosa avete ancora da dirmi?
Dicono che muore giovane chi è caro agli déi… beh, mi sa che io me ne sono inimicati un bel po’. La mia vita, l’ho vissuta da uomo per bene, ho sposato una donna per bene, abbiamo avuto due figli. Ma quella tempesta mi ha portato via tutto… il lavoro e la famiglia. E allora, sapete cosa vi dico? Io non vi sento.
Io non vi sento più. Né voi, né gli dèi, o chiunque sia che governa la nostra vita come fossimo bambole senz’ossa. Meno sacrifici, la carne mi serve per mangiare e sopravvivere, meno oboli ai sacerdoti, meno di tutto, o di tante cose. Qualcuno pensa che io sia solo un pazzo, a volte mi danno dell’ubriaco, perché non rispondo. Io non rispondo più, io non vi sento più, io non vi ascolto.Vi guardo da sotto in su, voi che vi agitate tanto sopra di me. Nemmeno voi sapete cosa volete, da me. Siete ricchi commercianti, siete arrivisti senza scrupoli, vi accalcate insieme alle vostre donne (“vostre”, sarebbe meglio dire “in comune”) e ridete oppure vi arrabbiate, urlate consigli, dall’alto della vostra esperienza da niente. Urlate pure, al vento.
Sono stanco, sogno ancora il mio mare, quello color del vino, e la casa che mi aspettava quando rientravo dal porto. Ho bisogno di lottare ancora un po’, poi forse riuscirò a mettere da parte i soldi per una sepoltura degna. Lassù, sulla collina, in mezzo agli ulivi.