“Allora, ecco il piano di Blau . Sembra che Asia stia bene e che serva solo come lascia passare per la banda: loro vogliono far uscire I pezzi senza problemi e la loro garanzia sarà Asia. Messa così fa paura, lo so, ma Blau mi ha garantito che si tratta di un paio di giorni di attesa, poi il terzo giorno, a Delfi, sarà tutto finito e ritroverete Asia, nel frattempo avranno fatto uscire i pezzi.”
“Ma manco per il cazzo!” Cassandra ed Elena erano concordi e inamovibili. “Ma stai scherzando??! Non esiste che per due giorni noi facciamo finta di niente. E poi, scusa, ti sei chiesta i genitori di Asia cosa penseranno non sentendola per così tanto tempo? Lei li chiama ogni quattro giorni e doveva chiamarli domani. Cosa facciamo? Li chiamiamo noi dicendo che lei è un attimo impegnata ma che sta bene?” “Ai genitori di Asia penso io, li chiamo domani e dico che voi tre avete contattato me perché avvertissi a casa. Avete deciso di andare a Creta e non sapete se a bordo ci sono telefoni, ma appena ne trovate uno li chiamate. Anzi, a proposito, evitate di chiamare anche casa vostra, altrimenti non regge.” “Ma tu.. voi.. siete malati!” Elena non ce la faceva più. “Senti Elena” – la voce di Clizia si fece severa – “Questo non è un gioco e io non mi sto divertendo. Era un rischio, Asia sapeva che stava correndo un rischio. Non è pericoloso, ma molto delicato. Io mi voglio fidare di chi fa questo mestiere da anni. Ora, è chiaro che l’operazione non va a puttane, ma viene modificata: aspettiamo due giorni, lasciamo che gli stronzi facciano uscire le coppe, recuperiamo Asia, e poi interverranno comunque, Babis o chi per lui.”
Ci volle tutta l’abilità oratoria di Clizia per convincere le amiche. Alla fine la spuntò e le tre archeologhe cominciarono l’attesa.
Una visita inaspettata
Lo aveva notato mentre immortalava il possente tramonto dal punto più alto della scogliera; era sempre poco distante anche mentre lei ed Elena si sforzavano di identificare la firma di Byron su una delle colonne del tempio, finalmente, mentre scendevano dal promontorio e si avviavano alla fermata dell’autobus, Klaus si fece avanti. Era, se possibile, più pallido di come Cassandra ricordava e i suoi occhi azzurri sembravano più spenti “Ciao ragazze, kome state? Ho l’impressione di doferfi delle zpiegazioni”
Fu presto sciolto il mistero del fotografo di Olimpia, un Klaus leggermente trasformato dai baffi rossicci, così come fu chiarito che l’incontro a Sparta era stato programmato. Klaus era dispiaciuto e nervoso: dispiaciuto perché si sentiva in qualche modo responsabile di Asia, e l’idea di averla esposta troppo in quell’appuntamento sotto l’Acropoli non lo faceva dormire; nervoso perché, pur essendo certo che non corresse un grande pericolo, le avrebbe voluto evitare lo spavento che sicuramente stava provando. In quel momento lui si sentiva impotente quanto loro.
Rientrarono insieme ad Atene e si diedero appuntamento per il giorno successivo, al Ceramico.
Quella sera fu Elena a premere per telefonare a Clizia: “Novità? Come è andata con i genitori?” “Ciao ragazze, no, non ci sono novità, ma con i genitori è andata bene, sono stata plausibile e rassicurante. Voi… come state?” “Come credi che stiamo? E comunque a me ‘sta storia che voi due fate le 007 senza dirci niente mi sembra una stronzata colossale” – Cassandra era ancora infastidita dalle tante, troppe bugie che avevano accompagnato ogni tappa di quel viaggio.