Una visita salutare e una telefonata inaspettata
Di Epidauro si conosce il teatro, molto ben conservato e ancora protagonista di serate evocative. Ma per un archeologo che si interessi di culti religiosi, soprattutto legati a divinità salutari, Epidauro è essenzialmente il luogo di diffusione del culto di Asclepio, e il suo santuario raccoglie testimonianze di guarigioni che sembrano spartirsi equamente gli aspetti più superstiziosi e quelli più scientifici di una disciplina ancora alle prime armi.
Nelle cosiddette sanationes , infatti, si leggono i sogni dei pazienti: i devoti al dio della salute trascorrevano una notte sotto il lungo portico, in attesa di un sogno rivelatore, di una apparizione, durante la quale il dio stesso sarebbe venuto a guarire o a spiegare cosa fare. Il giorno successivo i pazienti erano interrogati dai sacerdoti, i quali annotavano i sogni, registravano le guarigioni, a volte si prendevano la responsabilità di piccoli interventi e così si guadagnavano l’obolo che dava accesso al santuario. La storia degli scavi di Epidauro è lunga e affascinante, anche perché ha lasciato insoluto un piccolo (o grande) mistero: la vera funzione di un edificio rotondo, la cosiddetta Tholos. Non sembra essere una tomba, né è menzionata nelle descrizioni dei vari riti cultuali connessi ad Asclepio e alla sua famiglia divina; alcuni studiosi sembrano aver trovato una soluzione verosimile e associano la peculiare struttura al carattere ctonio del culto. Asclepio, in pratica, proprio per la sua funzione di guaritore che comprendeva, tra l’altro, la capacità di risuscitare i morti, godeva dello status ibrido di dio sia olimpio che dell’Oltretomba. Non per nulla era sempre accompagnato da uno o due serpenti, animali legati alla terra e a ciò che vi si cela, i quali spesso avevano parte attiva anche nei sogni guaritori. Dunque, la tholos dovrebbe essere una sorta di rettilario, in cui i serpenti venivano allevati e nel quale si muovevano come in un piccolo labirinto.
Tutte queste informazioni furono lette con voce impostata da Elena, molto affascinata dal mito di Asclepio, tanto da averlo scelto come soggetto della tesi di laurea – in realtà si trattava di un gruppetto di classiciste, cui il professore aveva assegnato i diversi santuari di Asclepio disseminati per la Grecia, a Clizia era capitata la Macedonia greca, a Elena gli ex voto del santuario ateniese. Cassandra ascoltava interessata ma anche scettica e cercava di minare le certezze di Elena, interrompendo la lettura con mille domande. Arrivate al punto della tholos e alla ridda di ipotesi le due colleghe cominciarono ad accapigliarsi. Fu probabilmente in quel momento che Asia scomparve.
“Ecco, e ora dove si sarà cacciata?!” – Cassandra cominciava a spazientirsi, questa mania di scomparire senza dire nulla era decisamente scocciante e fuori luogo, tutti i lunghi discorsi sulla necessità di una maggiore comunicazione e condivisione non sembravano aver sortito alcun effetto. “Boh.. io stavo leggendo, ma non era qui con noi fino ad un momento fa??” “Senti, io mi sono stancata, tanto l’orario dell’autobus lo sa.. spero avrà il buon gusto di farsi trovare alla fermata”.
La visita al teatro fu altrettanto suggestiva, si ritrovarono sedute sugli scalini più alti, mentre sotto di loro un gruppo di turisti olandesi stava ascoltando la spiegazione infervorata della guida. Ad un certo punto videro che una decina di loro si spostavano un poco più in alto, mentre la guida rimaneva in silenzio, quasi in attesa. Quando si furono sistemati, riprese a parlare e in breve fu chiaro l’intento di provare l’incredibile acustica dell’antico teatro. Dopodiché sentirono un tintinnio e istintivamente si toccarono le tasche, temendo di aver lasciato cadere una delle dracme di resto del biglietto, invece si trattava di un altro espediente della guida per far capire agli astanti quanto fosse incredibilmente curata la forma del monumento: il suono della moneta lasciata cadere al centro dell’orchestra era avvertito fin nelle ultime file della summa cavea. Contemporaneamente sembrò loro di sentire anche un altro suono, flebile ma distinto: era una voce strozzata, ma era impossibile dire da dove provenisse, se dal basso oppure dai cespugli dietro di loro.
“Senti, Elena, io direi di chiamare Clizia” “Ma.. non aspettiamo Asia?” “Eh no, cavolo, le avevamo detto che era ganzo chiamarla proprio a Epidauro.. e poi scompare.. allora cazzi suoi!” Cassandra era determinata a mantenere la parola data alla compagna lontana: una telefonata dal sito di Epidauro aveva un suo perché! Era un atto di omaggio alla studiosa di Asclepio.. e un’occasione da non mancare per sottolineare cosa si stava perdendo… Trovarono uno dei telefoni a scheda di cui la Grecia è disseminata, anche all’interno dei siti archeologici, e sfoderarono la tessera comprata proprio per le telefonate con l’estero; il codice sembrava interminabile, ma alla fine, dopo un paio di tentativi andati a vuoto a causa di tasti un poco “duri” da premere… “Ehi!! Ciao favetta!! Come stai???” “Noooo… non ci credooooo!! Ma dove siete??” “Secondo te? Non avevamo detto che ti avremmo chiamato da Epidauro?” “Cavolo.. Epidauro.. ragazze, grazie davvero, che invidiaaaaa” “Ehh, lo sappiamo, ma tu che fai, stai meglio?” “Mah, diciamo che il peggio è passato, ma mi hanno dato riposo assoluto, ma ditemi voi, che fate, cosa avete visto fino ad ora?” La conversazione continuò tra frizzi e lazzi vari, Cassandra teneva in mano la cornetta, ma lasciava che anche Elena ascoltasse e intervenisse. “Sentite, fatemi salutare Asia, che state spendendo un patrimonio” “Ah, ecco, purtroppo non possiamo, l’abbiamo persa” “Eh?! Ma .. che dici? Persa.. nel sito archeologico?” Cassandra sciorinò l’elenco delle situazioni delicate in cui l’amica aveva messo il terzetto con le sue scappatelle, non fu tralasciato niente, men che meno il tedesco di Olimpia. “Ah, capisco. Beh, si sa che Asia è un poco strana, probabilmente preferisce guardarsi il sito in pace per i fatti suoi… Come hai detto che era questo tedesco allo stadio di Olimpia?” – Il tono di Clizia si fece più serio e interessato ai particolari, ma ormai la telefonata doveva finire, non era il caso di asciugare così la prima scheda telefonica.
Una volta riagganciato le ragazze urlarono in coro: “ASIAAAAAA!!! Ma dove ti eri cacciata?? Abbiamo appena finito di parlare con Clizia!” – Asia sembrava non aver sentito, stava annotando qualcosa, seduta su un innocente muretto e solo il fischio lungo del custode le fece capire che in realtà si trattava del temenos del santuario.
Simposio a Corinto
Era una notte stellata, troppo bella per farla evaporare attorno al tavolo di un bar. Cassandra, Asia ed Elena si ritrovarono a vagare lungo i cancelli chiusi del sito archeologico di Corinto, in cerca di un punto in cui fermarsi ad assorbire le energie vecchie di millenni. Pochi lampioni, strada deserta, eppure nessun sentore di pericolo, le tre fiorentine si rilassavano dopo la prima settimana in terra greca. “Scusate, ragazze, ma posso farvi una domanda, visto che voi siete due classiciste?” – Cassandra guardò con attenzione Asia, dubbiosa su dove volesse andare a parare. Lei era etruscologa, per la precisione, e certo non poteva essere accomunata ad una preistorica, ma avvertiva forte la distanza da grecisti o romanisti, rivendicava per sé qualcosa di autentico, primigenio e in molti aspetti ancora poco chiarito, dunque più genuino rispetto ai “soliti noti” di età classica. “Dai, spara!” – Elena era sempre pronta al confronto di idee. “Pensavo…. Ma voi.. quando scavate… voi cercate l’oggetto o il contesto?”.
Un boato, questo fu lo scoppio di risa di Cassandra ed Elena. Asia aveva pronunciato la sua frase con una serietà che le aveva messe quasi in soggezione, ma una volta ascoltata la domanda era sembrata quasi una presa in giro. Era risaputo che la loro università non offriva molte possibilità di scavo e che anche i classicisti dovevano comunque confrontarsi con uno scavo etrusco e non greco. Nella fattispecie, poi, Elena non aveva partecipato a molte campagne di scavo, mentre per Cassandra si trattava ancora dei primi anni. Molto diversa era la situazione di Asia, sempre impegnata in qualche campagna di scavo, sia d’estate che d’inverno. La discussione, perciò, era apparsa fin troppo seria per il gruppetto, eppure Asia voleva sapere, confrontare le opinioni e capire meglio il punto di vista delle due compagne. Cassandra ed Elena non avevano un’idea precisa in merito, ma la loro passione per la storia non si limitava di certo agli svolazzi di qualche lezioso copista romano o ad una imponente ricostruzione filologica, ma inesorabilmente poco autentica. Convennero, perciò, che l’importanza del contesto era essenziale per tutte e tre, e che alcuni scandali ancora freschi di musei americani scoperti a commerciare con oggetti trafugati, facevano venir voglia di rispolverare il patibolo di piazza Beccaria (o di Tripoli…)!
Poi, lentamente, la bottiglia di ouzo, anche se umiliata nei tristi bicchieri di carta, cominciò a fare il suo effetto, sciogliendo i muscoli e le lingue e i pensieri. Cassandra si ritrovò a parlare alle amiche di quel suo nome così importante, spesso fonte di feroci prese in giro, soprattutto al liceo, ma che lei portava con orgoglio, rivendicando una qualche nobiltà, se non di sangue almeno di spirito. Fu inevitabile scivolare sul terreno pericoloso della storia di Elena di Troia: al netto delle trite e scontate battute, Cassandra recuperò la lezione di Gorgia di Leontini, celebre filosofo siceliota, il quale aveva stemperato il severo giudizio degli antichi sui costumi libertini della moglie di Menelao, imputando il suo tradimento all’abilità oratoria di Paride. Il principe troiano avrebbe usato l’arte della persuasione ed Elena sarebbe caduta nelle trame di Afrodite, che l’aveva fatta innamorare, e della Necessità (Ananke) che l’aveva irretita con i discorsi del giovane rapitore. Asia era affascinata da questi discorsi di miti, che dal loro Olimpo lontano giungevano a condizionare le vite di due comuni mortali. In breve il discorso si spostò sugli incontri degli ultimi giorni, a partire dal tedesco dagli occhi di ghiaccio, ma senza tralasciare il noleggiatore di motorini di Nafplio o il cameriere della taverna di Archaia Korinthos, che le aveva rifornite dei bicchieri per questo simposio improvvisato alla luce del panselino di agosto.
Non si fece cenno alle improvvise sparizioni di Asia, in fondo, pensavano Cassandra ed Elena, facevano parte del personaggio e contribuivano a creare un’aura di buffo mistero. Purtroppo, nemmeno con un nome così ispirato, Cassandra non riuscì a prevedere quel che sarebbe successo nella tappa successiva: Atene.