Sotto la Cupola del Vero
Siamo come pedine sulla scacchiera della vita
Una volta finita la partita
A uno a uno finiremo nel cassetto del nulla
‘Omar Khayyam 188
Lo so, non c’entra nulla un “grande poeta persiano” con la città sullo stretto (dei Dardanelli!), eppure – per me – Istanbul o Kostantinoupoli è il grande scrigno che racchiude l’orientalità, con tutto il carico di ori, damaschi e soprattutto profumi di spezie e i liquidi rossi fumanti, che con timidezza chiamiamo thé.
Il mio primo viaggio a Istanbul è stato nel 2003, in giugno: un mese di viaggi cominciato e finito nella città che racchiude un po’ tutti gli aspetti contraddittori della grande Turchia, ma che te li vende tirando sul prezzo, facendoti credere di aver fatto un affare. In realtà Istanbul non ti si apre mai del tutto, ti lascia vedere solo ciò che vuole, per scoprirla davvero ti devi travestire. Per questo, dopo l’avventura di nove anni fa mi ero ripromessa di tornare con più calma e assaporare tutto senza fretta.
E invece, come già diceva il buon Khayyam, siamo solo pedine, su una scacchiera a volte davvero immensa, perciò eccomi di ritorno a Istanbul con l’unico travestimento che avrei volentieri evitato: il turista americano!
Accompagno tre ragazzi. I due cugini sembrano usciti da un manuale sugli statunitensi: lei, sedicenne newyorkese che non concepisce nulla che sia esterno a Manhattan (…) e che rifiuta ogni prezzo che non sia contrattato (forse anche quello dei biglietti del tram!); lui, il perfetto futuro marine che è giunto a Istanbul per comprarsi …una catena d’oro! Il momento più esilarante lo viviamo nel Suk, quando la nostra guida locale ci avverte che le firme tipo Armani, YSL e simili sono dei falsi e la ragazza estende il concetto a TUTTO quello che vede, soprattutto l’oro e l’argento…. arriva a mordere la catena del cugino sollevando il dubbio dell’autenticità e facendo sprofondare me e la guida in una fossa di imbarazzo puro….
Il terzo è il più interessante tra tutti i ragazzi del viaggio, che in questa giornata di escursione ci aspettano a casa (Atene!), ma è anche piuttosto lento, soprattutto nelle reazioni… perciò conoscerò il suo entusiasmo per la giornata solo dopo una settimana…
Allora concentriamoci, cerchiamo di capire cosa è cambiato, come mi ricordo la città e approfittiamo di questa visita programmata per entrare finalmente nel TopKapì!
No, nulla, nemmeno questa volta riuscirò a vedere il palazzo che mi evoca un pugnale tempestato di diamanti, Melina Merkouri e Peter Ustinov... I ragazzi si annoiano, abbozzano malori… basta, andiamo via e continuiamo il tour!
Non posso dire di aver visitato Istanbul se non scendo nelle ampie sale della Yerebatan Sarniç… la cisterna romana dalle alte colonne. Là sotto, percorrendo le passerelle sospese su un’acqua rossastra e seguendo carpe (?) straordinarie e veloci, si raggiunge l’oracolo..Colonne che poggiano su giganteschi volti di Medusa, riutilizzati e stravolti. Sembrano evocare delle trinacrie monche e di fronte a quegli occhi mi chiedo ogni volta se non valga la pena farla questa benedetta domanda, poi accettare la risposta e seguire, finalmente, una nuova strada…
La magia si spegne nel momento stesso in cui la luce del giorno trafigge il volto, il traffico di Istanbul travolge ogni sospensione e la concentrazione si lascia distrarre dagli odori dolciastri dei venditori ambulanti.
In cosa è cambiata Istanbul? Nei prezzi, decisamente. Ricordo quando – nel 2003 – guardavo con sgomento i chioschi che distribuivano il pane alla popolazione, valutavo con timore le 200.000lire turche che costava una pagnotta e immaginavo le tragedie di un passaggio all’euro. Oggi i prezzi sono diversi, le lire turche hanno subito una rivalutazione, un ricalcolo.. come al solito artificiale. Ma a Istanbul è difficile rendersi conto davvero delle trasformazioni che questo ricalcolo ha comportato, per lo meno non lo puoi fare se stai accompagnando 3 ragazzi americani e la guida locale ha già previsto ogni tuo spostamento.
Inutile recriminare… lasciamoci trasportare da chi probabilmente sta cercando di lucrare e non domandiamoci troppo. Il suk è pur sempre il labirinto di Aladino: naturalmente i ragazzi acquistano una lampada (!) ma evidentemente il genio che la abita è già d’accordo con i negozianti…
Colori, odori, volti sorridenti, turisti impertinenti. Gli italiani si fanno riconoscere, come al solito vomitano la loro parlata locale, pensando forse che chi non capisce l’idioma nazionale si trovi invece a proprio agio nelle parlate regionali; oppure, più probabile e più amaro, trattando gli scuri venditori come vucumprà di provincia…
Colori, odori, volti sorridenti, la strada che ci accoglie all’uscita dalla parte coperta del mercato è dedicata alla vendita di biancheria e vestiti per i riti di passaggio dei bambini (e forse anche delle bambine, a giudicare dal globalizzante Hello Kitty) e, trascinati dal fiume di persone, raggiungiamo l’acqua…il Bosforo!
All’ombra dell’ennesimo minareto ci concediamo una pausa dolce, ma i nostri ragazzini americani non si azzardano ad assaggiare il thè o il caffè turco.. e io e Necip li guardiamo sorseggiare un cappuccino e un’aranciata, con lo sguardo perplesso davanti al baklavà!
Sono le cinque e un quarto! Il canto sommesso che scende dall’alto e si diffonde a volo di gabbiano mi fa sorridere e mi ricorda le scorribande in quel di Sardi o nei siti archeologici più sperduti!
Tanto per quelli che pensano all’oggi,
Tanto per quelli che mirano al domani,
Un muezzin dalla Torre delle Tenebre grida:
“Stolti, la vostra ricompensa non è né qui né là!”
‘Omar Khayyam, 116
La visita odierna si è aperta con la moschea blu ed è proseguita con Aghia Sofia, in questi musei l’emozione religiosa non è facile da cogliere. Ormai, forse, solo la voce – a volte registrata – del muezzin può richiamare a qualche riflessione, ma se nelle orecchie abbiamo l’ipod o se nella mente riascoltiamo le tante troppe quotidiane promesse urlate dalla televisione e dalle radio, oppure se siamo impegnati a sopravvivere nel marasma di traffico e smog e nei budelli dei mercati, come possiamo prestare attenzione alle note che scendono dalle torri d’avorio?
Forse gli unici a rispondere a questa domanda sono i gatti, che a Istanbul girano e osservano, vivono la città sostituendo al ritmo frenetico il loro, cadenzato, ritmo felino. I gatti di Istanbul spuntano negli angoli più impensabili, la loro naturale indole sorniona si fa vero e proprio disprezzo distante per tutta la bolgia di affaccendati e faccendieri, per i volti sudati e i sorrisi istantanei, per gli acquisti strampalati e le incazzature infantili.
Cosa mi lascia questa visita a Istanbul (Eis thn polin)? La voglia di tornarci, ricominciando tutto daccapo, perdendomi nei lumi delle moschee e poi tuffandomi nelle strade e negli odori. Ma questa giornata mi ha fatto capire che non sta a me decidere…
Il mio pensiero ha svelato ogni segreto dell’universo,
ha compreso la terra e più elevate comete
Ha schiarito ogni trucco e ogni mistero
tranne quello del Destino ‘Omar Khayyam 187