Le immagini particolarmente esatte di quello che in sé ci dà fastidio vedere (…) ci procurano piacere allo sguardo Aristotele, Poetica 4
Quando il filosofo stagirita decise di raccogliere e sistemare i tanti “appunti” di critica letteraria, frutto di riflessioni, spesso sarcastiche, sulla produzione teatrale della sua epoca, non pensava certo che alcune sue considerazioni sarebbero diventate punti di riferimento imprescindibili nei secoli a venire…
Oggi noi ci rechiamo a teatro e, a seconda delle critiche più o meno positive che la piéce ha riscosso, ci aspettiamo di piangere o di ridere e così facendo di “ripulirci” dalla nostra malsana emotività, in un reiterato fraintendimento del discorso aristotelico (ben più complesso e forse meno elevato di ciò che i commentatori successivi hanno voluto leggere). Ma esistono ancora spettacoli teatrali che riescano a “procurare piacere allo sguardo” propinandoci immagini “di quello che ci dà fastidio vedere” ?
Il 17 dicembre (in realtà il 18, causa neve!) Alessandro Benvenuti ha presentato al teatro Dante di Campi Bisenzio, un nuovo allestimento di Natale in Casa Gori: l’atto unico, scritto da lui a quattro mani con Ugo Chiti più di venti anni fa, primo di una trilogia che ruota intorno alla toscanissima famiglia Gori.
L’esperienza teatrale di Benvenuti ottenne un grande successo: il giovane attore era da solo in scena a interpretare una decina di personaggi affidandosi alla propria grande bravura e adattando la voce ora al nonno, ora alla signora Adele, ora al giovane Danilo, ecc. ecc. Da quella felicissima prova d’attore scaturirono le riduzioni cinematografiche, dove ogni personaggio ottenne una propria incarnazione quanto mai azzeccata – memorabili le figure di Carlo Monni (Gino, il capofamiglia) e di Athina Cenci (Bruna, la sorella della padrona di casa).
Oggi Benvenuti in casa Gori (titolo reso più accattivante dal gioco di parole) ha trovato nuovi attori – tranne il Monni che torna nella parte a lui più congeniale – scelti dopo una selezione attenta e onesta, come il regista tiene a sottolineare: è bastato un annuncio a far accorrere attori non professionisti e toscani (unici due requisiti imprescindibili) a Campi Bisenzio, dove un entusiasta Alessandro Benvenuti ha cercato di far fruttare al meglio il misero budget e contemporaneamente di coinvolgere l’amministrazione comunale in una scommessa azzardata!
Ma dicevamo di Aristotele e della Poetica… della necessità di dare un ordine alle decine di produzioni teatrali che infestavano le città greche del IV sec. a.C., dove si millantavano nuovi talenti e ci si allontanava pericolosamente dalla lezione dei classici….
Tragedia è dunque imitazione di un’azione seria e compiuta, avente una propria grandezza, con parola ornata, distintamente per ciascun elemeto nelle sue parti, di persone che agiscono e non tramite una narrazione, la quale per mezzo di pietà e paura porta a compimento la “katharsis” di siffatte emozioni. (…) imitazione dell’azione è il racconto (Poetica, 5)
Siamo solitamente abituati a individuare questi dettami della “corretta tragedia” nelle opere dei drammaturghi antichi e poi in alcuni importanti autori teatrali come Moliére o Shakespeare, che agli autori antichi si ispirano nelle loro trame complesse o semplici, ma sempre basate su alcuni personaggi chiave della commedia dell’arte.
Ebbene, nel testo di Alessandro Benvenuti e Ugo Chiti si ritrovano molti degli elementi indicati da Aristotele: l’atto unico è il racconto di un pranzo di Natale, con un breve accenno alla sera precedente (La tragedia cerca quanto più può di essere compresa in una sola giornata o di eccederne poco, Poetica 5).
I protagonisti sono parenti di una famiglia come ce ne sono tante, toscana nelle espressioni ma desolatamente – e anche ridicolmente – umana nelle azioni, nelle idiosincrasie. La riunione di prammatica (il pranzo nel “dì di festa”) è il luogo delle emozioni primordiali, che la presenza dei consanguinei rende bomba pronta a esplodere… I destini delle due sorelle, Adele e Bruna, hanno coinvolto quelli degli altri commensali, e le donne ne sono state travolte; un vero oikos greco in una società fortemente patriarcale ma nella quale la figura femminile è, in ultima istanza, colei che tiene le fila delle gioie e dei dolori, i cordoni della borsa e gli imprevisti. Una famiglia che da una parte è rimasta contadina (Adele e Gino), con le sue saggezze e le sue ruvidezze, e dall’altra ha cercato di fare il salto nella borghesia cittadina (Bruna e Libero), con il suo trucco di facciata e i suoi fallimenti.
E’ necessario che il racconto, poiché è imitazione di un’azione, lo sia di un’unica e insieme intera, e che le parti dei fatti siano connesse (Poetica 8)
E in effetti il racconto è un unico fiume in piena: dal puntale dell’albero di Natale ai tortellini con il brodo ristretto, dalle bestemmie di Gino alla benedizione urbi et orbi cui Bruna tiene tanto, dalle recriminazioni fra le due sorelle al disperato tentativo di far parlare la piccola Samantha… La famiglia riunita cerca di trattenere la parte più viscerale di sé, ma non riesce ad evitare la deflagrazione…
Di ogni tragedia una cosa è il nodo, un’altra lo scioglimento. Chiamo nodo la parte di tragedia dal principio fino a qulla parte che è l’ultima prima che si abbia il mutamento verso la buona o la cattiva sorte, scioglimento la parte dall’inizio del mutamento fino alla fine. (Poetica 18)
Anche in questo racconto ci sono dei colpi di scena, ma le solitudini dei protagonisti si ricompongono nel racconto dell’ultima puntata di Sentieri, scambio ineffabile di riconciliazione tra Adele e Bruna.
L’allestimento scenico è quanto di più essenziale: Benvenuti ha voluto solo sedie per i protagonisti, nessun tavolo né altro mobile, tutto il contorno è creato dalla immaginazione di chi ascolta (scelta che non sarebbe stato apprezzata da Aristotele!) e in questo sta la bravura degli attori.
Il regista avrebbe voluto limitarne anche i movimenti, perché nella concezione originaria del testo, i protagonisti vivevano nella voce di Alessandro Benvenuti ed egli diventava un direttore d’orchestra: come strumenti diversi, il nonno, Gino, Adele, Bruna, Libero, Danilo, Cinzia, Luciano, Sandra e Samantha uscivano dalla gola dell’unico attore e si distinguevano per la modulazione, il tono ora grave ora acuto, ora pacato ora frenetico ora cantilenante.
Una famiglia che siede attorno alla tavola imbandita il giorno di Natale…. scena tanto comune quanto pericolosa. L’immedesimazione è in agguato e per questo si ride, si ride di gusto, fragorosamente, oppure a mezza voce, a denti stretti. Si ride perché ci sono battute di spirito, ma anche per scacciare l’impressione che quelle scene le abbiamo già vedute, già vissute, nelle nostre sale da pranzo, il giorno di Natale.
Insomma, uno spettacolo che non si può perdere..
l’affiatamento degli attori è tangibile, quasi quanto la loro commozione nel momento di ricevere gli applausi.
Il divertimento è assicurato..la catarsi è garantita (!)
Bello questo parallelismo Aristotele-Benvenuti…. teatro greco e famigliola toscana… solo tu potevi fare tanto!!
…….Overview…….CARLO MONNI…………..Campigiano artista attore e cabarettista poliedrico conosciuto dal grande pubblico per la sua costante attivita cinematografica nelle produzioni piu innovative e come cabarettista dalla poetica divergente anarchica .